Ho incontrato Battista mentre passeggiava mano nella mano con una ragazza nel salotto di Palermo.
Non lo vedevo da quando lo avevo lasciato a Pagliarelli dove stava scontando la carcerazione preventiva per una imputazione di mafia. Se fosse arrivato a scadenza dei termini prima della sentenza definitiva , sarebbe stato scarcerato. E infatti fu scarcerato grazie ai lunghi tempi della giustizia. Lessi la notizia sul Giornale di Sicilia ma mi guardai bene dal cercarlo né lui cercò me.
Avremmo potuto incontrarci legittimamente perché nulla ce lo impediva e perché ci univa da sempre un rapporto di stretta familiarità. Battista era cresciuto a casa mia ed era stato uno dei migliori amici di mio figlio tanto da essere stato coinvolto in una vicenda giudiziaria che non gli apparteneva a causa di questo rapporto.
Il nostro legame si era cementato ancor di più durante la comune carcerazione quando all’affetto si era unita la pietà per la condizione di sofferenza di un giovane che nell’età della spensieratezza stava vivendo un’esperienza così drammatica. Avevo desiderio di vederlo ed, ero certo, anche lui desiderava vedere me e tuttavia rinunciammo a farlo perché sentivamo confusamente che era opportuno evitare un incontro che poteva prestarsi ad una lettura piena di insidie.
Quando giunse la notizia della conferma definitiva dell’ergastolo a mio figlio, sentii ancora di più dolorosa la lontananza da Battista, uno dei pochi che poteva spartire con me la sofferenza per il destino senza speranza di questo figlio cui ci legava lo stesso amore. In quei giorni perciò sperai che Battista non si curasse delle sue paure, che la forza dei sentimenti lo inducesse a rinunciare ad un a cautela tanto crudele, lo spingesse ad abbandonarsi ad un abbraccio liberatorio con me e a piangere assieme a me lacrime che ci consolassero a vicenda per la sorte di un fratello e di un figlio definitivamente perduto.
Lo aspettai invano e tuttavia mi sforzai di comprendere le ragioni di una decisione dettata dalla paura, me lo figurai spaurito e sofferente e, paradossalmente, lo amai ancora di più.
Quando lo vidi improvvisamente davanti a me, sentii che il destino si era fatto beffa delle nostre paure, ci aveva fatto incontrare rimediando all’ingiustizia delle nostre cautele, ci invitava a stringerci in quell’abbraccio che la ragione aveva per lungo tempo posposto e che il caso complice e pietoso si era incaricato di donarci. Lo guardai con gli occhi lucidi e il cuore che traboccava di commozione accingendomi a lanciarmi verso di lui e stringerlo a me, ma non riuscii ad incrociare il suo sguardo, ché Battista abbassò gli occhi, scartò di lato, mi sfiorò affrettando il passo e passò oltre, le spalle curve sotto il peso della sua viltà, vittima di una vicenda spietata che lo aveva privato della sua umanità.
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