A Genova si è consumata una tragedia e, come se non
bastasse, i corvi si sono avventati sul dolore dei genovesi per farne
mercimonio. Una vicenda che non doveva accadere, che doveva essere gestita con
la sobrietà che le circostanze imponevano, ha dato la stura alla consueta
litigiosità italiana. Siamo un popolo dalle due facce, capace di gesti di
eroismo e di solidarietà uniche al mondo, che nella circostanza ha saputo
stringersi con amore attorno a Genova, ma che nella stessa circostanza si è reso
protagonista di condotte imbarazzanti ad opera dei soliti disinvolti uomini
politici. La sobrietà, il dolore e la
volontà sincera di porre mano ai rimedi che il disastro imponeva, una emergenza
che esigeva di far quadrato e di trovare una unità di intenti, hanno lasciato il
posto a una girandola di accuse e giudizi sommari di iconoclasti invasati. E’
stato il festival delle cadute di stile. Ha cominciato la nuova maggioranza
alla quale non è parso vero di fare della tragedia un’occasione ghiotta per sferrare
un attacco agli avversari aizzando la piazza e fomentando voglie di vendetta pur
di lucrare un minimo di consenso, ma dimenticandosi di quando definiva una
“favoletta” il pericolo di crollo del ponte e giudicava inutile un’opera come
la Gronda. Per di più si è avventurata con la solita approssimazione in
propositi che non hanno nulla da spartire col buon senso e il rigore che una
materia così delicata imporrebbe. Fa un certo effetto sentire affermare dal
Presidente del Consiglio che bisogna sbarazzarsi immediatamente della
concessionaria Autostrade senza attendere “le lungaggini della giustizia”. Come
fa un certo effetto sentire il ministro Toninelli preannunciare che si costituirà
parte civile contro la suddetta concessionaria, ignorando che proprio il suo
dicastero, in quanto responsabile dei controlli sulla manutenzione del ponte,
potrebbe essere chiamato anche esso in causa. In questo caso che cosa fa il
signor Ministro, si costituisce parte civile contro se stesso? Evidentemente i
suoi burocrati non hanno fatto in tempo ad avvertirlo. Procedendo nella
carrellata delle minzioni fuori dall’orinale, segnaliamo l’attivismo del signor
Casalino, improbabile portavoce dei penta stellati, il quale non ha avvertito alcun
senso di vergogna quando, nel momento stesso in cui si svolgevano i funerali di
Stato delle vittime, ha inondato di messaggi i siti dei giornali invitandoli a
dare risonanza alla notizia delle ovazioni al suo boss, l’on. Di Maio. L’animo
del signor Casalino vibra di commozione per il tributo riservato al suo capo
più di quanto non riesca a fare per l’atmosfera di dolore che si respirava
durante le esequie. Per la sua parte la concessionaria Autostrade non è stata
da meno fottendosi del dolore dei familiari delle vittime e preoccupandosi, a caldo
e con i cadaveri ancora fumanti, di rivendicare il suo diritto a non essere
intaccato nei suoi interessi. Sull’antica maggioranza è meglio stendere un velo
pietoso. Essa è ritenuta (a torto o a ragione, si vedrà) la compagine che ha concesso un autentico
monopolio ad un privato e che ha avuto nei confronti di esso un atteggiamento
compiacente tanto da autorizzare sospetti inquietanti, ed è percepita come corresponsabile
del disastro. Ha balbettato accusando i legastellati di sciacallaggio e
imbastendo un maldestro tentativo di difesa del proprio operato che è sembrato
una difesa d’ufficio della concessionaria. Un vero e proprio autogol! Tra veleni e voglie di rivalsa la politica,
come si vede, non ha saputo superare i
suoi conflitti, non ha saputo affrontare facendo fronte comune una tragedia che
riguarda tutti, rimboccandosi le maniche
per ricostruire quello che è stato distrutto e rinviando a tempo debito la resa
dei conti. 43 persone sono morte, una città è in ginocchio e attende risposte
dalla politica che non siano il solito déjà vu. E attende anche giustizia. Se dagli
atti delle indagini dovessero emergere incuria, mancanza di prevenzione e di
controlli, se dovesse risultare che la tragedia di Genova è frutto della
collusione tra una finanza vorace e una politica infedele, che ai vertici della politica e della imprenditoria siede
una corruttela che in questa vicenda si è fatta prendere la mano dall’improvvisazione
e dall’ingordigia e ha sacrificato sull’altare del profitto 43 vite come usa
nelle più spietate mattanze di mafia, si abbia il coraggio di mirare in alto e
di punire con esemplare severità.
pienamente d'accordo, condivido
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