Ha ragione Dacia Maraini quando,
commentando l’infelice sortita del governatore De Luca contro l’on.
Bindi, denuncia gli eccessi verbali contro le donne, ha torto quando
individua nelle sole donne le vittime di questi eccessi. Purtroppo
l’aggressione verbale è un costume diffuso che prende di mira
indiscriminatamente e proviene da ogni parte, (basta navigare in rete
per imbattersi in invettive di tutti contro tutti), anche da parte
della donna che, messasi in gioco, si è vista costretta a sporcarsi
i calzari. Come sostiene Cazzullo, essa “erediterà la terra” ma
in acconto alla terra promessa ha già ricevuto in eredità il
rancore di chi si è sentito scippato e le ha presentato il conto
facendola oggetto di violenze fisiche e morali, e continuerà anche
in futuro a non perdonarle la sfida da lei portata. La donna che si
mette in gioco si vede costretta a rispondere colpo su colpo,
scendendo su un terreno in cui l’intolleranza è una compagna
insidiosa e nel quale deve sapersi muovere con intelligenza, non
cedendo di un millimetro sulla difesa della propria dignità ma al
contempo affrontando col giusto atteggiamento i timori che suscita la
sua discesa in campo, indagando tra le pieghe di un disagio che
nell’uomo nasce dalla scoperta di una fragilità e di un declino
che lo spaventano, senza indulgenze per la brutalità che spesso ne
deriva ma senza spicciative demonizzazioni che liquidano
sprezzantemente sempre e comunque il maschio. Nel clima avvelenato
che vede al centro il dibattito sul ruolo della donna, non è dunque
facile tenere a freno l’intolleranza. L’uscita del governatore
della Campania, “un infame da uccidere”, è una imprecazione più
che una incitazione ad uccidere, peraltro proferita “fuori onda”,
ma ciò non toglie che essa è la spia di una inaccettabile
beceraggine intellettuale ed è pericolosa perché, al di là delle
intenzioni dell’autore, può innescare dissennate reazioni nel
momento in cui raggiunge menti fragili. L’ignobile mattanza delle
donne non è forse frutto dell’insensatezza e della labilità
psichica di uomini frustrati? Non si può dunque concedere nessuna
attenuante all’incontinente governatore. Ma, pronunciata questa
doverosa condanna, dobbiamo avere l’onestà di non trarre
conclusioni ideologiche colorando di una unica tinta l’intolleranza.
L’intolleranza è di casa dovunque venga superata l’asticella del
rispetto nei confronti dell’altro, senza distinzioni di genere,
come dimostra proprio la battagliera on. Bindi la quale, come un
qualsiasi banalissimo uomo, si abbandona qualche volta ad
esternazioni che, seppure felpate nel più puro stile democristiano,
sono anche esse delle autentiche aggressioni. Ha bacchettato il
prefetto Caruso accusandolo di delegittimare l’impegno antimafia,
per avere questi messo in guardia contro le derive della dottoressa
Saguto ben presto indagata proprio per i motivi denunciati dal
prefetto. Non è questa arroganza ideologica che sacrifica un
funzionario onesto pur di difendere un santuario intoccabile? Ha
inoltre definito impresentabile De Luca risultato successivamente
estraneo alle accuse per le quali la Bindi lo aveva definito tale.
“Nelle liste del PD non ci sono candidati impresentabili tranne il
candidato della Regione Campania” commentò la Bindi a ridosso
delle elezioni regionali in Campania. Roba da ammazzare un bue. De
Luca, come dice Giannini in un suo editoriale su Repubblica, è
indifendibile per mille motivi, ma questo autorizzava l’on. Bindi
ad etichettarlo come impresentabile, e cioè indegno, prima della
pronuncia della magistratura? Di questi scivoloni l’on. Bindi è
giusto che renda conto perché è Presidente della Commissione
Parlamentare Antimafia ed è tenuta ad un rigore e ad un equilibrio
dai quali non può prescindere al riparo della sua inattaccabilità
di genere.
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