E’ morto Pannella e si può ben dire
che siamo tutti in lutto, perché Pannella ha rappresentato anche
quelli che dissentivano da lui. I successi delle sue battaglie
infatti, anche quelle non condivise dai suoi avversari, sono
diventati patrimonio di tutti, e tutti perdonavano i suoi eccessi
riconoscendo l’onestà delle sue battaglie, l’incorruttibilità
dell’utopia dettata dall’amore per ideali estremi difesi persino
con le provocazioni più sfrontate. In nome dei suoi ideali e
contravvenendo alle logiche degli schieramenti scontati, è stato
capace di allearsi sia con Berlusconi, sia con Prodi. Io
personalmente porto la testimonianza di un mondo al quale fino a
qualche tempo fa ho appartenuto e di cui ancora oggi mi sento
idealmente parte, il mondo delle carceri dove, quando maggiormente si
avverte la sofferenza della detenzione, è a Pannella e ai suoi
scudieri che i detenuti pensano, a Rita Bernardini, a Emma Bonino, ad
Adele Faccio, ad Adelaide Aglietta, protagoniste di battaglie per una
giustizia giusta. Ricordo la gratitudine e l’ammirazione che
leggevo negli occhi dei miei compagni quando parlavano del Pannella
capace di accettare l’iscrizione al Partito Radicale di Giuseppe
Piromalli per protesta contro il regime del carcere duro ai mafiosi,
di candidare e fare eleggere in Parlamento Enzo Tortora ingiustamente
condannato per mafia e spaccio di droga, di essere in prima fila
contro gli abusi della carcerazione preventiva, del 41 bis e
dell’ergastolo. Ricordo che egli era sentito uno dei nostri, come
una sorta di santo laico che non se la tirava e non temeva di
mischiarsi con un mondo disprezzato dai più, e sono certo che,
venuto a mancare lui, è negli eredi che hanno raccolto il suo
testimone che i detenuti ripongono le loro speranze. Potrei dire del
coraggio delle sue scelte, potrei elencare una lista interminabile
delle sue battaglie civili, la battaglia contro la pena di morte, per
l’approvazione della legge sull’aborto e sul divorzio, per il
diritto di eutanasia, potrei lodare la sua onestà nel fare ammenda
degli errori che commetteva quando si faceva trascinare dall’irruenza
delle sue crociate, a volte prendendo di mira degli innocenti, ma
avendo il coraggio di chiedere scusa pubblicamente come ha fatto con
il Presidente Leone inviandogli una lettera in cui riconosceva di
averlo accusato ingiustamente, potrei declinare la mia ammirazione
perché ha osato quello che tanti di noi non hanno osato mettendosi
in gioco fino alle estreme conseguenze, per il personaggio visionario
che è stato, per avere tentato di riscattare la dignità degli
emarginati, per non avere avuto peli sulla lingua nella denuncia
delle impunità delle caste. Ci sono mille motivi per tessere le sue
lodi ma è meglio lasciar perdere, non si sa mai col suo carattere,
meglio limitarsi ad un semplice : grazie Marco.
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