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venerdì 20 maggio 2016

La morte di Pannella

E’ morto Pannella e si può ben dire che siamo tutti in lutto, perché Pannella ha rappresentato anche quelli che dissentivano da lui. I successi delle sue battaglie infatti, anche quelle non condivise dai suoi avversari, sono diventati patrimonio di tutti, e tutti perdonavano i suoi eccessi riconoscendo l’onestà delle sue battaglie, l’incorruttibilità dell’utopia dettata dall’amore per ideali estremi difesi persino con le provocazioni più sfrontate. In nome dei suoi ideali e contravvenendo alle logiche degli schieramenti scontati, è stato capace di allearsi sia con Berlusconi, sia con Prodi. Io personalmente porto la testimonianza di un mondo al quale fino a qualche tempo fa ho appartenuto e di cui ancora oggi mi sento idealmente parte, il mondo delle carceri dove, quando maggiormente si avverte la sofferenza della detenzione, è a Pannella e ai suoi scudieri che i detenuti pensano, a Rita Bernardini, a Emma Bonino, ad Adele Faccio, ad Adelaide Aglietta, protagoniste di battaglie per una giustizia giusta. Ricordo la gratitudine e l’ammirazione che leggevo negli occhi dei miei compagni quando parlavano del Pannella capace di accettare l’iscrizione al Partito Radicale di Giuseppe Piromalli per protesta contro il regime del carcere duro ai mafiosi, di candidare e fare eleggere in Parlamento Enzo Tortora ingiustamente condannato per mafia e spaccio di droga, di essere in prima fila contro gli abusi della carcerazione preventiva, del 41 bis e dell’ergastolo. Ricordo che egli era sentito uno dei nostri, come una sorta di santo laico che non se la tirava e non temeva di mischiarsi con un mondo disprezzato dai più, e sono certo che, venuto a mancare lui, è negli eredi che hanno raccolto il suo testimone che i detenuti ripongono le loro speranze. Potrei dire del coraggio delle sue scelte, potrei elencare una lista interminabile delle sue battaglie civili, la battaglia contro la pena di morte, per l’approvazione della legge sull’aborto e sul divorzio, per il diritto di eutanasia, potrei lodare la sua onestà nel fare ammenda degli errori che commetteva quando si faceva trascinare dall’irruenza delle sue crociate, a volte prendendo di mira degli innocenti, ma avendo il coraggio di chiedere scusa pubblicamente come ha fatto con il Presidente Leone inviandogli una lettera in cui riconosceva di averlo accusato ingiustamente, potrei declinare la mia ammirazione perché ha osato quello che tanti di noi non hanno osato mettendosi in gioco fino alle estreme conseguenze, per il personaggio visionario che è stato, per avere tentato di riscattare la dignità degli emarginati, per non avere avuto peli sulla lingua nella denuncia delle impunità delle caste. Ci sono mille motivi per tessere le sue lodi ma è meglio lasciar perdere, non si sa mai col suo carattere, meglio limitarsi ad un semplice : grazie Marco.   

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