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domenica 24 gennaio 2016

Il giardino dei giusti


Il giardino dei giusti si è trasferito da Gerusalemme a Palermo e ci ha consegnato lo scenario di un mondo di eroi senza macchia che lottano, i soli moralmente immacolati, contro l’ingiustizia e il malaffare. E’ questa l’impressione che ho ricavato partecipando ad un evento che ha fatto da cornice alla presentazione di un libro. L’ambiente e il clima erano quelli in cui si spreca la retorica dell’impegno civile rivendicato in esclusiva da pochi intimi contro l’indifferenza colpevole del resto del mondo. Vi erano radunati i rappresentanti di quella società che si è intestata più o meno legittimamente la lotta al malaffare e alla mafia ma che, ahinoi, spesso traduce la passione ideale in furore ideologico, in ostentazione di superiorità morale e nella intransigente professione di un manicheismo che non concede alternative alle verità sentenziate da un minoritario zoccolo duro e puro. Viene in mente la volontà generale teorizzata da Rousseau, infallibile e indistruttibile, che decide in perfetta solitudine che cosa è il bene comune, che non tollera molteplicità d’opinioni e dissensi e alla quale la volontà popolare deve sottomettersi, pena la scomunica. La serata si è presto connotata d’integralismo con la proclamazione di un discrimine  invalicabile tra il mondo dei  buoni e quello dei cattivi, con il solito spartito che colloca al centro della scena una certa intellighènzia autoreferenziale con i giusti quarti di nobiltà e demonizza chi non ha i titoli per essere ammesso alla ristretta élite del cerchio magico, e con in più l’annuncio che i fascisti sono usciti dalle tombe e, a braccetto con i mafiosi, si apprestano ad attentare all’integrità dello Stato. Quella del pericolo fascista è una ossessione che ricorda quella berlusconiana del pericolo comunista, con la differenza che  Berlusconi veniva liquidato come un magliaro che rifilava patacche, mentre le vestali della purezza democratica cadono in estasi al cospetto delle loro certezze oracolari e non tollerano che esse siano messe in discussione. Non hanno per esempio dubbi sulle magnifiche sorti e progressive della loro parte che pure ha espresso terroristi sanguinari, definiti con indulgenza compagni che sbagliano, che è figlia di una ideologia la quale ha segnato il destino tragico di intere generazioni, né più e né meno, o forse più, del vituperato nazionalsocialismo, e che ancora continua a nutrire le menti e i cuori di irriducibili maestri del pensiero. Questi teorici del pensiero unico politicamente corretto che delegittimano chiunque non sia allineato, con l’alibi della lotta alle mafie e la presunzione di essere i soli abilitati a condurla, si siedono in cattedra per narrarci le loro verità contraffatte e, con la prosopopea di una intransigenza che non concede sconti,   disseminano il loro percorso di privilegi castali e di avvoltoi appollaiati sui poveri resti di vittime cui, oltre al sacrificio della vita, tocca in sorte lo sciacallaggio.

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