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sabato 25 ottobre 2014


Il Papa e l’ergastolo

Il Papa ha chiesto  a un gruppo di giuristi di riflettere sul senso della giustizia penale e del recupero, sul “plus di dolore”  in quei  “moderni campi di concentramento”  che  sono le carceri in Italia, sulle “incitazioni alla vendetta” e  sui rischi della deriva giustizialista che nasce dal “populismo penale”.  Ma il punto più alto del suo appello è la richiesta di abolizione dell’ergastolo che ha definito  “una pena di morte nascosta”.  Non poteva usare espressione più pertinente.  Chapeau a questo Papa pirotecnico che rimanda da una sensazione all’altra, dallo sconforto alla consolazione, da una scelta severa e priva di pietà quale è la scomunica dei mafiosi, ad un gesto squisitamente evangelico quale è la condanna dell’ergastolo. Con lui non c’è il rischio di  annoiarsi, non sempre convince, ma stavolta convince e come! Se si può coltivare la speranza che  si cominci a parlare seriamente di un problema che non fa onore alla nostra coscienza e alla nostra cultura giuridica, lo si deve alla sua presa di posizione forte e autorevole.                                                                                                                                                            Finora neppure i tanti suicidi che cadenzano sinistramente la vita in carcere a testimonianza di una  disperazione che giunge a scegliere l’autentica, definitiva morte rispetto ad una morte “nascosta”, crudelmente centellinata giorno dopo giorno (cinque casi in sette giorni di quest’ultima settimana), sono riusciti ad impressionare la pellicola di indifferenza che avvolge come una corazza la coscienza del bravo cittadino. Egli si scuote dalla sua apatia solo quando  deve dare la stura ad un livore che liquida il problema delle carceri con una intransigenza priva di  alternative. Basta leggere i commenti in rete per rendersi conto di che cosa stiamo parlando. Ne so qualcosa io che ho dovuto subire, allorché ho affrontato tematiche relative al carcere e al 41 bis in particolare, una valanga di insulti i quali, oltre a offendere il senso estetico con la loro volgarità, offendono l’umanità e la sua intelligenza perché espressione della peggiore cattiveria, quella dell’imbecille ( mi sovviene Dostovskij) che ha solo voglia di far male, e della supponenza dei censori che salgono in cattedra all’insegna di principi morali  di cui non possono dar prova perché vilmente al riparo di comodi nickname.                                                                                                                                                                      Vedremo cosa succede adesso con l’appello del Papa, ma già qualcosa insospettisce. Nel commento del Corriere a margine dell’articolo che riporta la notizia dell’appello, si legge: “Nella prassi la pena massima non supera i 30 anni. Anche l’ergastolano può ottenere il regime di semilibertà dopo l’espiazione di 20 anni e può usufruire della detrazione della pena per buona condotta.”  E’ omessa, non so se in buona o in mala fede, la notizia che questi benefici non valgono per l’ergastolo ostativo comminato ai mafiosi, i mafiosi sono destinati al fine pena mai senza usufruire di alcun beneficio.  Il Papa, quello stesso Papa che ha scomunicato i mafiosi, quando chiede l’abolizione dell’ergastolo, intende chiederla anche per loro?

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