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sabato 22 febbraio 2014

Paraculismo e dintorni

Mentre stentiamo la vita misurandoci con concretissimi problemi di sopravvivenza, siamo costretti a sorbirci sfrontati esercizi di improntitudine dei soliti paraculi che vogliono darcela a bere.
Festival di Sanremo, prima serata: Fazio esordisce col sermone sulla bellezza devastata d’Italia. Lamenta la negligenza nella cura delle nostre bellezze naturali e opere d’arte con un ispirato pistolotto che non prende di mira nessuno in particolare e tanto meno i suoi amici di sinistra che, come si sa, sono estranei ai disastri italiani. Ci ammannisce il solito copione dell’indignazione a buon mercato che fa pratica di moralismo strumentale, con l’aria compunta dell’ unto dal Signore che ha il compito di denunciare i mali del mondo. E’ pudico e non se ne vanta, ma noi sappiamo che Fazio ha fatto la sua parte nel preservare le bellezze d’Italia realizzando con i modesti proventi del suo impegno progressista uno sfarzoso casale a Celle Ligure e offrendolo magnanimamente alla vista dei passanti che si beano di cotanto splendore. Il danaro, come ci insegna la dottrina sociale della Chiesa, non è la farina del diavolo se è ben impiegato e in più permette di sedersi sulla comoda poltrona di uno spocchioso sussiego.
In seconda serata il nostro riprende il sermone citando una folgorante affermazione, attribuita dal senatore Piano alla buon’anima del maestro Abbado, secondo cui l’arte ha la funzione di promuovere il miglioramento dell’uomo. Perbacco, che rivelazione originale! E noi che eravamo convinti che fosse stato un certo Nietzsche a parlarci della metafisica dell’arte come dello strumento in grado di transitare dalla regione della finitezza al mare aperto della cosa in sé, e proiettarci nel mondo dionisiaco che si incarna nella musica di Wagner. Ma tant’è, la sensibilità, l’amore per il bello, la purezza d’animo, la vera cultura, come è a tutti noto, risiedono solo a sinistra.
E passiamo a un altro caso di paraculismo, quello del dottor Renzi.
Il segretario del PD ci racconta ormai da un bel pezzo che è sua intenzione rottamare i partiti, la politica, il Palazzo, che vuole sfasciare le vecchie impalcature per ricostruire una Italia nuova, e invece che fa? Con una operazione di Palazzo sfratta dal governo il precedente inquilino e vi si insedia egli stesso. Nulla di scandaloso per carità, in politica non si può andare tanto per il sottile se si vuole perseguire il bene comune. Le mammolette non hanno dove arrivare se si lasciano condizionare dalle debolezze dei comuni mortali e dunque, se Letta costituiva un ostacolo alle magnifiche sorti e progressive della Patria, egli andava rimosso senza tanti sconti per il fatto che  militava nello stesso partito che avrebbe dovuto sostenerlo e senza abbandonarsi a colpevoli indulgenze a favore di un amico e sodale.  L’interesse superiore innanzitutto e pazienza se bisogna sacrificare anche i rapporti personali. Ma, c’è un ma, c’è qualcosa che non convince. Capisco tutto, capisco l’ansia di volare verso obiettivi superiori, ma non capisco perché Renzi, sapendo che lo avrebbe sacrificato, si è prodotto in rassicuranti messaggi all’indirizzo del malcapitato Letta al quale ha lasciato intendere che doveva stare tranquillo circa il suo futuro di Presidente del Consiglio, che egli sarebbe durato a lungo fino a quando non si fosse andati alle urne con il nuovo sistema elettorale e che solo allora sarebbe stato il suo turno, di Renzi, di candidarsi alla poltrona di capo del governo ed essere legittimato dall’investitura popolare. E no, dottor Renzi, questo è inquietante e ci preoccupa, perché un conto è catafottere un amico sull’altare dell’interesse generale in nome di una sofferta necessità machiavellica, un altro conto è sbandierargli lealtà e poi tradirlo, promettere agli italiani di attendere il loro consenso legittimante e poi gabbarli.
Come facciamo a fidarci in futuro quando lei, dottor Renzi, ci dirà di stare tranquilli? 


P.S- Mentre posto questo articolo appare sui giornali l’elenco dei nuovi ministri del governo Renzi. Fra essi non figura il nome della Bonino. Complimenti, un bel segnale di continuità rispetto agli sforzi compiuti dal nostro Paese nella sua battaglia per la sorte dei nostri marò detenuti in India, e un bell’esempio di discontinuità rispetto ai rituali della solita politica!

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