Il bon ton
La bagarre scatenata dai grillini in Parlamento e in rete ha
innescato la solita fiera dell’ipocrisia, esercizio nel quale noi italiani
siamo tra i primi al mondo. Da tutti gli schieramenti politici, in maniera
unanime e trasversale, si sono levate voci indignate contro il lessico
trasgressivo di Grillo e dei suoi disinvolti compagni. Si è parlato di
barbarie, si è denunciata con toni scandalizzati l’istigazione alla violenza e
una deriva pericolosa che può indurre a gesti inconsulti (vedi l’invio di una
busta con proiettili alla Boldrini ). La preoccupazione è senza dubbio
legittima ma non autorizza le esagerazioni, non certo il ricorso alla
ghigliottina da parte del Presidente della Camera o il superamento del senso
del ridicolo con improbabili paragoni che evocano le infamie della Germania
nazista. I corrucciati emuli di Catone, impegnati a lamentare l’oltraggio al
senso estetico, non si sono fatti sfiorare da alcun dubbio sulla misura e sulla
opportunità della loro intransigenza censoria.
Penso che nessuno si sogni di condividere le farneticazioni
( “boia chi molla” non è neanche originale ) di un manipolo di scombiccherati
raccolti attorno ad un delirante affabulatore che si è macchiato della doppia colpa di averci
privato della sua vena comica e di averci rifilato una insulsa paccottiglia
infarcita di rancorosi luoghi comuni. Oltre tutto, a parte i toni, non siamo
ancora riusciti a leggere una proposta che sia una in alternativa alla sterile
protesta. E tuttavia c’è un ma. Mi domando:
ma le prefiche che si strappano le vesti perché non è stato rispettato il bon
ton, hanno i titoli per salire in cattedra e non hanno nulla da rimproverarsi
per il sacco dell’Italia perpetrato all’insegna del bon ton? Invocano il bon ton, e pazienza se il mondo va
in malora? Mi direte che sono qualunquista, che cavalco una facile retorica, ma
i fatti sono davanti ai nostri occhi e non hanno certo bisogno di essere
enfatizzati. Se il Presidente del Consiglio ci racconta che ci siamo lasciati
la crisi alle spalle quando ancora abbiamo il problema drammatico dei nostri
figli disoccupati, abbiamo o no il diritto di sentirci presi in giro? E non abbiamo
anche il diritto di avvertire una sensazione di rabbia quando i permalosi
cultori delle buone maniere istituzionali digrignano i denti dispensandoci le
loro censure, mentre permettono che i privilegiati della casta si annettano
decine di incarichi a dispetto del merito e della decenza, che i grands commis
che si annidano nei gangli della macchina statale inceppino l’iter delle leggi,
che la giustizia sia amministrata in maniera ideologica, vendicativa,
disonesta, inefficiente, e, in base a questi parametri, stabilisca che un reato
è più reato di un altro analogo a seconda dei quarti di nobiltà degli imputati,
infligga condizioni di vita inumane in carcere, emetta sentenze abborracciate, imponga
tempi biblici ai processi, che i lobbisti
blindino gli status quo e gli avventurieri della finanza sguazzino in
mezzo a rendite parassitarie a spese delle imprese? E quindi di che cosa si
lamentano queste gracchianti verginelle? Non è forse il fenomeno dei grillini
il frutto avvelenato della nostra insensatezza? Basta andare per le strade e
nei bar per intercettare il malumore della gente comune che non vuole sentire
ragioni, che ha voglia di sfasciare e ha delegato Grillo alla bisogna. Ci
lamentiamo perché Grillo ha preso alla lettera i suoi mandanti e non è passato
dalla lavanderia per ripulirsi? Ma quale è l’alternativa tra marpioni paludati
che fanno strame dei nostri diritti e per colmo di sfrontatezza issano bandiere
di indignazione e dilettanti allo sbaraglio che sono capaci di fare solo dell’insulto
la loro bandiera? Sarei tentato di scegliere i secondi e sperare che restino
ruspanti piuttosto che vederli ripuliti
e intenti a farsi i cavoli propri, ma è solo una breve tentazione e mi rendo
conto che c’è poco da scegliere. Resta solo da prendere atto sconsolatamente
che questa gente l’abbiamo prodotta noi con la nostra gaglioffaggine e che il
loro linguaggio, il loro pressappochismo becero, sono lo specchio della nostra
società. I giovani che intercettiamo mentre tra una chattata e l’altra riescono
a trovare il tempo per dire qualcosa, sono capaci di esprimersi solo a colpi di
vaff…., c….o, str..o etc.
E’ quello che abbiamo seminato e quello raccogliamo!
"Chi semina vento raccoglie tempesta". Dott. Mandalà, quante "parole piene di vento" da parte di certi personaggi...E' da parecchio che non mi faccio sentire. Sempre interessanti ed attualissimi i suoi post! Seguo sempre con grande piacere il suo Blog.
RispondiEliminaAlla prossima. Con stima. Michele Nardelli