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venerdì 4 febbraio 2011

Il Paese reale

In questi giorni mi sono sorpreso a ricordare momenti vissuti in un periodo della mia vita ricca di progetti che in tanti contavamo di realizzare. Era il periodo in cui si affacciava la speranza che finalmente si riuscissero a concretizzare le condizioni di una nuova stagione coltivata nella mente di tanti sognatori e mai venuta alla luce.
Le delusioni accumulate avevano tenuto questi uomini lontani dalla partecipazione e li avevano esiliati in una sorta di Aventino dall’alto del quale guardavano con rassegnata disapprovazione a quello che accadeva sotto di loro, assordati e confusi dal clamore degli arrembanti tribuni che reclamavano a gran voce la distribuzione di una ricchezza sottratta ai nostri figli in nome di un welfare che non potevamo permetterci. Rannicchiati nelle loro utopie assistevano allo straripamento di una retorica sociale che faceva a pugni con una realtà che esigeva rigore e onestà intellettuale e subivano impotenti la sinecura dei privilegiati e l’esempio di una classe politica che aveva dimenticato gli insegnamenti dei padri del pensiero cattolico e liberale. Già all’epoca del Risorgimento l’ispirazione a superiori ideali albergava sia nella Chiesa cattolica che in laici come Mazzini e Cavour. Pio IX, seppure strumentalmente, in una sua enciclica si doleva: “ Chi non vede e pienamente capisce come l’umana società, sciolta dai vincoli della religione e della vera giustizia, non possa certamente prefiggersi altro, fuorché lo scopo di procacciare ed aumentare ricchezze né seguire altra legge nelle sue azioni, se non l’indomita cupidigia dell’animo di servire ai propri comodi e piaceri “. Papa Mastai lamentava che i vizi della società derivassero dall’assenza di vincoli religiosi e riteneva che il ritorno ai giusti valori si realizzasse con il ritorno all’assolutismo temporale della Chiesa, rivendicazione la quale sminuiva la credibilità della fonte ma non la portata della denuncia che possiamo far rientrare a pieno titolo nel patrimonio morale dei nostri uomini migliori e si salda con l’etica degli Sturzo, dei De Gasperi e degli Einaudi. La Chiesa con la sua dottrina sociale ha saputo superare l’ oscurantismo ideale che l’affliggeva riconoscendo che i valori religiosi e laici possono convivere, che il profitto non è scandaloso ed ha una sua funzione sociale e l’individuo che si attiva per creare ricchezza personale, se la reimpiega in progetti produttivi, svolge un ruolo di solidarietà e di realizzazione del bene comune.
La risposta liberale a questo messaggio è stata purtroppo balbettante fino a quando la nascita di nuove formazioni politiche non fece rifiorire le speranze degli esuli dell’utopia e li indusse a scendere dal loro Aventino, a ritenere che l’Italia si sarebbe finalmente affrancata dai vincoli che ne avevano frenato la maturazione e che un sano pragmatismo liberale si sarebbe finalmente affermato. Sennonché, ahinoi, le cose sono andate come tutti sappiamo e i disvalori lamentati da Pio IX sono tragicamente rimasti attuali presentando un panorama di rovine che ci consegna ad un tramonto economico e sociale.
Il futuro dei giovani, razziato dai padri, è senza speranza, gli stessi padri faticano a sopravvivere, i valori etici hanno subito un degrado mai conosciuto prima testimoniato dalla disinvoltura delle signorine che si offrono al Principe e dalla disponibilità dei genitori che le spingono a concedersi, la classe politica, senza distinzioni, offre di se un’immagine che è insieme vuota di contenuti e priva del senso della vergogna allorché ostenta una sfrontatezza cui non ha diritto, i diversi poteri dello Stato hanno perso la bussola in una corsa a invadere campi altrui, il diritto è diventato una variabile interpretata secondo le convenienze delle diverse parti e la giustizia è concessa agli appartenenti alle giuste consorterie. Una simile Italia ha la sua foto di famiglia in uomini come Padoa-Schioppa che ci rimandano ai personaggi migliori della nostra storia, alle testimonianze della nostra arte, alle bellezze di una terra senza pari, agli esempi splendidi e isolati di una generosa solidarietà, ma anche negli squallidi funamboli della morale comune che ci rimandano ad una società marcia, irredimibile e stratificata nei suoi difetti che non sa riconoscersi nei suoi uomini migliori e ci propone l’antica contrapposizione tra Cesare e suburra.
Il parterre dell’Aula Magna della Bocconi che rende omaggio a Padoa-Schioppa non è, giusto quanto afferma De Bortoli, “ la proiezione ambiziosa ed esclusiva di una elite distaccata dal Paese reale “, ma non è nemmeno, come sempre sostiene De Bortoli, l’immagine che meritiamo noi italiani, è semmai la proiezione del Paese reale distaccato dalla sua elite, perché il contributo di cultura e di intelligenza offerto da uomini come Padoa-Schioppa rientra nella tradizione di un Paese che riesce ad esprimere splendide individualità di cui non è all’altezza.
Non c’è motivo per essere ottimisti.

1 commento:

  1. Carissimo, se proprio non può fare a meno di dispensarci la sua retorica, potrebbe perlomeno risparmiarci gli annunci pubblicitari di Google...

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