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mercoledì 16 febbraio 2011

Il festival dei luoghi comuni

Nella manifestazione di giorno 13 le donne ( un milione dicono gli organizzatori, pardon le organizzatrici ) sono scese in tutte le piazze delle città d’Italia e dell’estero per rivendicare il diritto alla loro dignità e pronunciare slogan contro chi attenta alle loro virtù che, tanto per cambiare, si identifica con l’incorreggibile, recidivo Cavaliere campione di pruderie pecorecce. Ora, perché non ci siano equivoci, sono tra quelli che ritiene che il Cavaliere abbia fatto il suo tempo, non tanto perché si concede sbandate sessuali ma perché non è capace di dare alle sue pulsioni amatorie il riserbo che queste esigono . Il capo di un governo che non sa governare le proprie scappatelle, quali garanzie può offrire a chi gli chiede di governare il Paese? Da l’idea di uno sprovveduto pasticcione che non ha l’accortezza di mettere in atto tutte le cautele che servano a tenere separato il privato dal pubblico, specie sapendo che cosa si nasconde dietro questo privato ed evitare che sia data in pasto agli appetiti del mondo intero una realtà imbarazzante che ci fa deridere e compatire. Un discorso a parte è quello che riguarda l’accusa di suoi rapporti con minorenni, è un’accusa così grave da suggerire di tenersene alla larga aspettando l’esito del lavoro dei magistrati. Premesso questo, che c’entra la bulimia del premier con l’onore delle donne? Le donne, pur essendosi da sempre dovute confrontare con i maschi che spesso non sono stati rispettosi delle loro prerogative, non sono un universo a parte, sono un emisfero dell’umanità le cui colpe e i cui meriti si intrecciano con le colpe e i meriti dell’altro emisfero, in un gioco delle parti in cui il leitmotiv non è mai stato il predominio dell’uno sull’altra ma la convivenza, anzi la complicità, in cui ciascuno ha recitato il proprio ruolo, anche quando è sembrato che le donne soccombessero. Il tentativo del ‘68 di una guerra santa contro l’altro sesso ha fatto il suo tempo e si incarta nelle sue contraddizioni, il corpo e la sessualità rivendicati come spregiudicati e provocatori valori di riferimento nella battaglia per la conquista della dignità e dell’ autonomia della donna, oggi diventano tabù da non violare nella battaglia a difesa di un altro concetto di dignità e insospettiscono circa le reali motivazioni della protesta. Da sempre la donna ha saputo come affrontare al meglio il suo rapporto con l’uomo, con colui cioè col quale è destinata a condividere buona parte del suo tragitto terreno, che sarà padre dei suoi figli, il compagno dei giorni del crepuscolo, perché dovrebbe dunque impostare il rapporto in maniera conflittuale? Chiaramente c’è stata sempre una tendenza a privilegiare l’uomo rispetto alla donna nella gestione delle responsabilità nei vari settori della società ma essa è solo frutto di una consuetudine dura a morire che va corretta con un costante, intelligente cambio di rotta, senza dare a questo sforzo necessariamente una connotazione conflittuale. Anche quando le donne sono parse defilate rispetto agli uomini, tutti sappiamo che esse hanno avuto un ruolo importante tanto da far dire che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, si tratta di far cambiare le cose in modo da giungere a poter dire che dietro una grande donna c’è un grande uomo e il gioco è fatto. Quando si dice, con una espressione insieme suggestiva e inelegante, che la donna è seduta sulla propria fortuna, mi piace pensare che si intenda attribuire all’ esclusivo ambito della donna la gestione della sua sessualità e le scelte morali che ne conseguono. Ciascuno sceglie le vie che considera utili al raggiungimento dell’obiettivo che si prefigge e la donna che possiede gli strumenti per giudicare che cosa è giusto e cosa no, che cosa, nella valutazione del suo interesse e della sua dimensione morale, è opportuno che faccia, decide nella maniera che ritiene più consona alla propria realizzazione. La storia ci riporta a grandi donne che hanno centrato grossi obiettivi con le loro grazie, e la loro spregiudicatezza ha suscitato più ammirazione che scandalo. Certo le signorine che si propongono a Berlusconi sono degli imbarazzanti esempi di una dimensione miserabile, epigoni in sedicesimo di un mondo che ha ben altra grandezza, lucide amministratrici di un cinismo con cui non si fanno scrupolo di mirare al proprio interesse, facendo a gara a chi arraffa di più e di più irretisce un uomo in caduta libera e alle prese con le proprie debolezze. Non ci scandalizziamo certo per le condotte di queste signorine, magari ci scandalizziamo di più per la dozzinalità dei loro valori di riferimento, e comunque è affar loro, ma è anche affar loro se con queste condotte non si guadagnano il rispetto della gente e le donne che in piazza questo rispetto reclamano demonizzando Berlusconi, dovrebbero sapere che la dignità passa attraverso le condotte di ciascuno di noi, non attraverso le condotte altrui , in questo caso di Berlusconi. Valeva la pena intestare una così oceanica manifestazione ad un falso problema col rischio di apparire strumentali? Berlusconi è ormai un uomo terribilmente solo, malinconicamente solo, nonostante lo stuolo di cortigiani incapaci e avidi da cui è circondato, che evoca un sentimento di tristezza per questo suo tramonto inesorabile, ma non evoca certo l’impressione di attentare alla dignità della donna. Se a qualcosa ha attentato il Cavaliere, quella è la sua dignità e con essa la sua credibilità, l’enorme patrimonio di aspettative che aveva suscitato e che, condivise o no, costituivano l’appeal di un leader di cui si sentiva il bisogno. Avere privato la scena politica, così avara di forti figure di riferimento, di un protagonista e del suo progetto, quella si, è stata la grande colpa di Berlusconi, una colpa che non gli si può perdonare.

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