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venerdì 23 luglio 2010

Le “tricoteuses”

Come era da temere, il diciottesimo anniversario della strage di via D’Amelio ha acceso gli appetiti dei soliti professionisti del giacobinismo urlato che hanno fatto a gara nell’esibire intransigenza e toni lontani anni luce dallo stile dell’uomo sobrio che fu Paolo Borsellino.
Veti, intimazioni diretti a delimitare il territorio del consentito e del moralmente lecito sono stati impartiti da chi si è arrogato il diritto di stabilire cerimoniali nel nome di un uomo che aveva nei suoi tratti essenziali un sano laicismo e un distaccato scetticismo per le verità assolute che non fossero la sua fede religiosa e nei valori dello Stato. Non dava nulla per scontato verificando tutto con scrupolo e mai si sarebbe avventurato in liquidatorie verità precostituite, coltivava una garbata ironia, fino a quando non gli fu spenta dalla morte di Falcone, che gli faceva affrontare ogni cosa senza la furiosa cecità dei sacerdoti della verità. Quelli che oggi strumentalizzano il suo nome per conquistare un poco della sua luce riflessa e issarsi su gli scudi di una notorietà che altrimenti non avrebbero conosciuto, sono corvi appollaiati sulle sue spoglie che ne tradiscono la memoria.. Sentire uomini e donne che mai lui avrebbe preso in considerazione pontificare nel suo nome, vedere giovani, guidati su sentieri che mai lui avrebbe indicato, che urlano incitando all’odio e all’intransigenza, fa percepire quanto sia stato distorto il messaggio che il suo esempio di vita ci ha lasciato, assistere ai diktat e ai processi in piazza allestiti da certi personaggi, evoca le tricoteuses che facevano pollice verso sedute ai piedi della ghigliottina all’epoca della rivoluzione francese. I nostri uomini politici non brillano per essere di schiena diritta ma mai ci saremmo aspettati di assistere allo spettacolo penoso di alcuni di essi che si sono piegati alle liste di proscrizione imposte dagli organizzatori della manifestazione e hanno preso le distanze dagli appestati esposti al linciaggio della piazza. Uno spettacolo che non ha nulla da spartire con la compostezza del personaggio che si pretende di onorare, una compostezza che invece traspare dalle sole persone che hanno confermato il loro diritto a rappresentare Paolo Borsellino, sua moglie e i suoi figli.

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