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martedì 6 luglio 2010

I furbetti del quartiere

Vogliamo raccontare la storia di un processo iniziato nel 1999, approdato solo nel 2007 alla sentenza di primo grado e giunto infine nel 2010 al grado d’appello dove sta arrancando stancamente di rinvio in rinvio. E’ la storia di un processo infinito come tanti che, come tanti, ha esposto l’imputato all’assalto di un’opinione pubblica avida che non gli ha fatto sconti e che l’ha giudicato, condannato, anzi giustiziato senza tanti riguardi per la sua presunzione d’innocenza. Per tutti egli è ormai un mafioso e per questa sua discutibile notorietà deve dire grazie a una stampa priva di dubbi che sin dall’inizio non ha esitato a scegliere il fronte sul quale schierarsi, che ha sposato la tesi colpevolista, che ha detto alla gente quello che la gente voleva sentirsi dire e ha creato un’icona mafiosa dandole nome e cognome perché, come dice Ostellino, “più sangue scorre, più copie si vendono”.
A questa vera e propria esecuzione sommaria bisogna aggiungere 6 anni di carcere preventivo, una polimiosite contratta in carcere per lo stress della detenzione in conto ad una sentenza che ancora deve essere emessa in via definitiva e che potrebbe anche essere di assoluzione.
Una gogna di 12 anni, 6 anni di carcere preventivo, una patologia causata dalla detenzione, che altro può accadere a quest’uomo? Gli può accadere di essere destinatario di misure di prevenzione e di un sequestro di beni, di ritornare in carcere se la sentenza definitiva sarà di condanna prima di poter fruire delle provvidenze premiali o di vedersi negato il risarcimento in caso di assoluzione perché è pur sempre in odore di mafia.
E’ un uomo ormai segnato o, come diciamo in Sicilia, “tinciutu”!
Altro destino quello del signor Massimo Ciancimino, complice e fortunato beneficiario del padre quando questi era mafioso e potente e condividerlo era redditizio, censore e fortunato beneficiario del padre adesso che questi è passato a miglior vita col marchio d’infamia e rinnegarlo è altrettanto redditizio, coccolato dalla borghesia salottiera, frequentatore di librerie à la page, di convegni sulla mafia, di testimonianze fianco a fianco con parenti di vittime della mafia, come dire, il diavolo e l’acqua santa, autore a quattro mani di un libro che non imbarazza il coautore, protetto dallo Stato con tanto di scorta che lo scarrozza in giro per l’Italia e presto per l’Europa.
A ciascuno il suo destino, perché c’è mafioso e mafioso, non tutti hanno un padre che è una miniera anche da morto e il signor Massimo Ciancimino, da oculato amministratore dell’eredità paterna, ha mostrato di capirlo.

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