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domenica 11 aprile 2010

Dei.....diritti e delle pene

Quella che segue è la lettera che ho inviato al Sen. Fleres per sensibilizzarlo sulla vicenda di Peppe Fontana. La pubblico perchè ritengo che ogni iniziativa a favore di una dignitosa condizione del detenuto meriti visibilità, e perchè spero che la battaglia che in tanti stiamo combattendo perchè sia assicurato il rispetto degli elementari diritti in carcere, trovi nuovi sostenitori.




Al Sen. Salvo Fleres
garante per i diritti dei detenuti in Sicilia
Gentile Senatore Fleres,
apprendo con sollievo che da tempo il Suo Ufficio si sta occupando di Peppe Fontana “per far si che la sua detenzione possa essere rispettosa dei diritti dei reclusi così come previsto dal vigente ordinamento penitenziario”.
Grazie per il Suo impegno, però saremmo tutti più sollevati se Ella spiegasse più chiaramente che cosa sta facendo per il signor Fontana. E ci spiegasse anche perché, nonostante il Suo impegno, a Peppe Fontana non sono mancate attenzioni a dir poco singolari. E’ stato raggiunto da un provvedimento disciplinare (egli così mite seppure così cocciuto), è stato recluso per una settimana in cella di isolamento, indotto ad uno sciopero della fame e della sete, spedito a Badu e Carros certamente non per premiarlo ma per educarlo a non alzare la cresta, esposto ai rischi di una traduzione infinita in ceppi sebbene in condizioni precarie, impedito nel suo diritto di completare gli studi in spregio agli sforzi di tanti anni e alla normativa vigente in materia, sottoposto ad una severità che ha la sua ragion d’essere nell’arroganza del potere.
Che cosa è accaduto perché un uomo come Peppe di cui le relazioni comportamentali certificano l’affidabilità tanto da ritenerlo degno di godere di permessi premio, incappasse nella contraddizione di un premio in sincrono con una severità così punitiva? E’accaduto semplicemente che Peppe Fontana si è scontrato con un tir e ne è stato travolto. Nella sua ingenua presunzione ha ritenuto che fosse titolare di diritti ed è stato riportato ad una realtà che ha dei diritti una concezione approssimativa.
E’ da tempo in atto una disputa tra chi invoca il compromesso tra Stato di diritto e Stato d’eccezione in nome del quale rivendica l’opportunità di derogare ai diritti civili pur di fare pulizia e tutelare la sicurezza, e chi invece, in nome della sacralità di valori non derogabili, dichiara il proprio dissenso. Ha prevalso la prima concezione e in questo quadro si spiega un provvedimento come il 41 bis che si fa beffa dei diritti fondamentali dell’uomo e che per questo motivo è stato bacchettato dalla Corte Europea e dal suo Presidente Jean Paul Casta, su questo fronte è caduto Peppe Fontana.
Leggo della battaglia per i diritti civili condotta da dissidenti a Cuba, in Iran, in Cina e dei nobili appelli alla mobilitazione in loro favore, leggo di come il maggior pericolo che insidia la battaglia di questi martiri è la solitudine e il senso di abbandono che sentono più dolorosi delle torture fisiche e che nel mondo prevale una sorta di apatia ad ogni impegno persino nelle organizzazioni che dovrebbero tutelare i diritti umani e che hanno perso mordente. Ebbene le nostre carceri sono un microcosmo in cui ogni giorno è violato il rispetto degli elementari diritti umani. Sono luoghi nei quali i suicidi si susseguono con cadenza sinistra a testimonianza di una condizione invivibile, in cui detenuti possono essere uccisi con la facilità con cui è stato ucciso Stefano Cucchi, il sovraffollamento sottrae dignità alla vita del detenuto, la giornata scorre monotona senza interessi e senza possibilità di riscatto ventiquattr’ore su ventiquattro, carenze igieniche sanitarie espongono a rischi i detenuti, l’ergastolo ostativo spegne a poco a poco e anzitempo la vita di uomini senza speranza, uomini fatti di carne e nutriti di sentimenti non possono abbracciare per decenni i propri cari, sono luoghi che richiamano le più turpi realtà di violazione dei diritti umani sparsi per la terra.
La solitudine di Peppe Fontana nel carcere di Badu e Carros è la stessa solitudine dei tanti dissidenti nel resto del mondo.
Lei che, oltre ad essere garante dei diritti dei detenuti, è anche senatore della Repubblica, non ritiene che il senatore possa dare una mano al garante e supportarlo nella battaglia che questo ruolo gli impone?

Cordialmente,
Nino Mandalà.

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