In questa estate particolarmente torrida mi imbatto spesso
in anziani che vagano per le strade assolate con la sofferenza stampata nel
volto. Sono gli esemplari di una umanità che non può permettersi la villa al
mare o in montagna ed è costretta a vivere in città alle prese con un caldo che
quest’anno è più spietato del solito. Per questi sfortunati però il caldo non è
l’unico problema, ce n’è uno molto più insidioso ed è la solitudine, subdolo compagno
di viaggio che scava dentro l’animo fino a consumarlo. Chi non ha imparato a
convivere con essa è come un naufrago alla deriva, alla mercé del proprio
disagio, senza una zattera alla quale aggrapparsi. Ne incontro parecchi di anziani
durante le mie passeggiate nei pomeriggi domenicali, quando non c’è anima viva
in giro manco a pagarla, e i sintomi sono sempre gli stessi, lo sguardo spento,
l’incedere incerto di chi non sa dove andare perché tutte le strade sono
deserte e non ha con chi comunicare. Essi sono la testimonianza della nostra
perduta umanità. Ne ho conosciuto uno in particolare, un essere minuto dall’aria
mite che sembra volersi scusare perché
esiste ed ha negli occhi una nostalgia che rimanda a tempi migliori, a quando era
ancora un combattente e non si era arreso. Si chiama Mario e mi ha raccontato
la sua storia, di quando addentava la vita e correva per le strade del mondo di
successo in successo, un uomo tosto che non le mandava a dire. Purtroppo per
lui non ha saputo schivare i colpi di un destino che non gli perdonava tanto
successo, ed è caduto dal piedistallo. Il declino è stato accompagnato dalla
solitudine. Si è ritrovato senza nulla su cui potere contare, abbandonato persino
dai suoi familiari che non gli hanno perdonato la perduta agiatezza. Tutto
questo mi ha raccontato Mario senza rancore nel suo sguardo dolce, con la sola
delusione dello sconfitto tradito, stemperata da un sorriso tollerante. Durante
l’inverno trova rifugio presso una combriccola di anziani come lui, pensionanti
che si riuniscono in un marciapiedi dalle parti dello stadio e danno un senso
alle loro giornate affrontandosi in discussioni che dibattono strampalatissime
tesi sui massimi sistemi con la cocciutaggine dei vecchi affezionati alle loro
incrostazioni. E’ una sorta di collettivo datato che si aggrappa ostinatamente
alle utopie coltivate in gioventù quando
ancora la cruda realtà non si era imposta con le sue concretissime ragioni
cancellando ogni illusione. Quelle utopie adesso si prendono la loro brava
rivincita in un marciapiedi dove quei vecchi, tenaci e battaglieri, si danno appuntamento e avviano
infuocati dibattiti sul loro universo perduto. Si sentono il sale della terra e
sono affezionati a tal punto alle loro
certezze da sfiorare la rissa. Mario è solito starsene in disparte, in silenzio
e, se viene interpellato, si ritrae giustificandosi col dire che non è
all’altezza. Con i primi tepori della primavera il marciapiedi comincia a
spopolarsi. Già fin dal venerdì i componenti del collettivo, rivoluzionari a
parole ma con i piedi ben piantati per terra, si trasferiscono nelle ville a
mare realizzate grazie all’accorta, borghesissima gestione delle loro risorse
finanziarie e lì passano il fine settimana ritornando in città il lunedì successivo.
Con l’estate l’esodo è senza ritorno, i compagni di marciapiedi si dileguano incuranti
di Mario e questi resta a vivere in solitudine il marciapiede deserto come un
paesaggio lunare. Lo incontro quasi tutti i pomeriggi davanti alle vetrine dei negozi,
mentre attacca bottone con i clienti e
con le commesse, o se ne sta in silenzio pago dell’umanità che lo sfiora. La
domenica è il momento peggiore, allora si può vedere Mario seduto su una
panchina, all’ombra, solo, lo sguardo perduto nel vuoto, la testa piegata di
lato, la bocca attraversata da una smorfia amara, il fisico che sembra essersi
rimpicciolito ancora di più, e nel volto dipinta la speranza tenera e illusoria
in un amico che non verrà.
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lunedì 14 agosto 2017
venerdì 4 agosto 2017
Matteo Renzi
In non so quale delle sue innumerevoli esternazioni il
segretario del PD Matteo Renzi si è lanciato in soccorso del presidente
francese Macron, difendendo la sua decisione di nazionalizzare Saint-Nazaire e
così scippare Fincantieri della maggioranza delle azioni di quel cantiere
ottenuta dopo che il presidente Holland aveva dato il via libera all’operazione. Renzi
sostiene che Macron ha fatto gli interessi della Francia e che dunque non gli si
debba rimproverare nulla e, affinché non ci siano dubbi sulla graniticità delle
sue convinzioni, ha proclamato solennemente che non dirà mai niente contro il
presidente francese. Col solito provincialismo all’italiana Renzi si prostra ai
piedi dell’icona di turno anche quando quei piedi ci rifilano calcioni nel
sedere e, accecato dalla sua piaggeria, non riesce a vedere Macron per quello
che è, un uomo spregiudicato e di modesti orizzonti che ha tradito l’Italia, l’Europa
e persino la stessa Francia, denunciando un accordo concluso dalla sua Nazione
e venendo meno all’impegno di un governo
di cui egli stesso faceva parte. Così facendo ha procurato un danno alla
credibilità del suo Paese, è venuto meno all’abc del galateo tra Stati, ha
rinnegato l’europeismo ostentato pomposamente con l’Inno alla gioia ma fatto
arenare alla prima occasione sulla riva della Senna sacrificando un progetto di
respiro internazionale sull’altare di una miopia nazionalista e della solita velleitaria
grandeur francese fondata più su una ossessione che su basi reali. Si dirà che
in affari l’etica non ha patria, ma qui non parliamo di affari privati in cui
il cinismo è moneta corrente, qui parliamo di rapporti tra due popoli europei e
della fiducia che dovrebbe cementarli e che
invece è stata tradita da parte di uno dei due con un atto ostile, un atto che ha fatto venir meno nei nostri confronti
il rispetto che invece è stato garantito ai sud coreani e ha sollevato un
vespaio dalle conseguenze imprevedibili. Che cosa può essere costruito infatti su
queste basi in Europa? Se passa un
precedente del genere, se passa cioè l’idea che i patti sono carta straccia, nessun
patto è più sicuro e dovremo mettere nel conto l’effetto domino che potrebbe
far franare le costruzioni europee una dopo l’altra. In Italia per esempio si
può essere tentati di rispondere allo sgarbo subito con ritorsioni saccheggiando
la borsa della spesa che i francesi hanno riempito facendo shopping a casa
nostra. Probabilmente questo non accadrà perché noi italiani non abbiamo gli attributi per fare ritorsioni
e perché le ritorsioni sono un modo infantile di reagire, ma Renzi, questo
arrembante imbonitore dalla lingua sciolta e la testa a briglia altrettanto
sciolta, eviti di impegnarsi in difese d’ufficio che suonano inappropriate. Va
da sé che, per uno che ha fatto della rottamazione la sua bandiera e che
tranquillizza (stai sereno) le sue vittime prima di fagocitarle, Macron,
rottamatore di accordi, sia una figura nella quale riconoscersi, ma a tutto c’è un limite e le
rottamazioni, come il suo ideatore ha avuto modo di verificare a sue spese,
sono un boomerang.
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