Ho partecipato alla presentazione di un
libro e ho ascoltato l’introduzione dell’autore. Lo conoscevo per
averlo letto e apprezzato nella sua veste di giornalista che sa
stare, come si suole dire, sul pezzo e, ascoltandolo nella veste di
romanziere, ho avuto la conferma della sua onestà intellettuale. E
uno che non si nasconde dietro un dito e ha il coraggio di fare le
pulci anche in casa sua senza fisime da casta. E’ inoltre un
profondo conoscitore del fenomeno mafioso ma ne parla con laica
cautela mettendo in guardia contro le facili semplificazioni di chi
ricorre a stereotipi scontati mettendo tutto il bene da una parte e
tutto il male dall’altra. Parla di un fenomeno complesso che va
analizzato passando attraverso l’esame di quella che egli chiama
cultura mafiosa annidata nelle pieghe della zona grigia che indulge a
un certo fascino perverso. Giustamente sostiene che, se la mafia si
limitasse solo ad una accolita di criminali priva di ancoraggi con la
cultura diffusa che la sostiene, sarebbe già stata sconfitta da
tempo, e si rammarica perché ad essa si oppone un’antimafia di
maniera che si produce, con i suoi tic giustizialisti, in linciaggi
di piazza appollaiandosi su rendite di posizione. Lamenta il
pressapochismo di certi suoi colleghi che sposano comode verità
senza preoccuparsi se reputazioni più o meno innocenti vengono
sporcate a causa di quella che qualcuno, non ricordo chi, ha definito
macelleria mediatica. Denuncia inoltre il lassismo delle istituzioni
che, negando una carcerazione dignitosa a chi è in carcere e non
offrendo chances a chi esce dal carcere e ha bisogno di essere
aiutato a non ricadere nella recidiva, vanificano ogni tentativo di
recupero. Parafrasando Brecht, si rammarica del fatto che la nostra
democrazia abbia bisogno di misure d’emergenza crudeli quali il 41
bis. Lamenta l’incapacità della cosiddetta società civile di
cogliere certe sensibilità sincere che provengono da quel mondo
terribile e complesso. Competente e onesto non è però
consequenziale. Perché se è vero ( ed è vero ), come egli
sostiene, che da quel mondo arrivano dei segnali, arriva l’eco del
travaglio di coscienze confuse che si interrogano sulle proprie colpe
e danno voce a testimonianze di un percorso pieno di insidie che
aspira alla redenzione, che descrivono come possono un contesto
drammatico e sbirciano nella speranza di stringere una mano che si
protenda verso di esse, è altrettanto vero che il nostro onesto e
sensibile giornalista ( sia detto senza ironia ) non ha mai provato a
tendere quella mano.
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venerdì 18 novembre 2016
sabato 12 novembre 2016
Referendum Si, referendum No
Perché votare Si al referendum
costituzionale del 4 dicembre è considerato dai sostenitori del No
l’anticamera di una deriva autoritaria solo perché esso prevede il
rafforzamento del potere dell’esecutivo? Forse che la volontà del
popolo espressa attraverso un referendum indetto secondo le regole
costituzionali, è un attentato alla Costituzione, ed è al contrario
onesto il tentativo di manipolare la realtà prospettando scenari
improbabili? Non è vero invece che la nostra Costituzione, ingessata
da 60 anni, blinda i privilegi di alcuni mentre condanna
all’irrilevanza il ruolo del Presidente del Consiglio costretto ad
arrancare in balia di limiti che gli impediscono di essere padrone
persino a casa sua ( non può neanche licenziare i suoi ministri ), e
degli umori di parlamentari inadeguati? La verità è che la pretesa
dei poteri dominanti, campioni di una intransigenza a difesa dei loro
interessi, di attestarsi su volontà ideologiche e fare del
terrorismo abbandonandosi a proclami apocalittici e condannando
attraverso interpretazioni arbitrarie qualsiasi tentativo di
modificare lo status quo, nasconde la paura di perdere il potere
conquistato grazie alla “Costituzione più bella del mondo”, la
stessa Costituzione nata da accordi consociativi, che ha permesso
l’erezione di santuari inviolabili e vede riaffiorare in difesa
della sua inamovibilità le antiche diverse anime che l’hanno
fondata. Una buona volta dobbiamo avere il coraggio di dire, senza
temere di essere tacciati di conservatorismo, che c’è un tentativo
di dare la libertà individuale in pasto alla dittatura del pensiero
unico che non tollera dissensi e si appalta in esclusiva il diritto
di stabilire cosa è giusto e cosa non lo è. L’arroganza di esso è
all’origine del disamore della gente comune nei confronti delle
istituzioni, della voglia di abbattere tutto, della reazione
istintiva di chi si mette sulla difensiva come può contro la potenza
di fuoco di chi ha le armi per affermare la propria supremazia, e
reagisce mettendo in quarantena la ragione e buttando a mare assieme
all’acqua sporca il buon senso. Perché solo l’assenza di buon
senso può spiegare il paradosso di una crociata che vede affiancati
sulle stesse barricate il diavolo e l’acqua santa, personaggi
emergenti dalle retrovie della prima repubblica, beneficiari delle
incrostazioni stratificatesi negli anni e contestatori dell’ultima
ora nelle cui vene sono stati inoculati a loro insaputa i valori dei
primi, tutti assieme appassionatamente all’insegna di una battaglia
che nel nome del nuovo conserva il vecchio. E’ il qualunquismo
suicida di coscienze confuse e avvelenate che, per paura e spirito di
vendetta, scelgono il tanto peggio tanto meglio e si abbandonano a
scelte avventate, come è accaduto in Inghilterra con la Brexit e
negli Stati Uniti con l’elezione di Trump.
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