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venerdì 9 ottobre 2015

“La vita di un uomo” all’indice

Come era prevedibile “La vita di un uomo” sta provocando fibrillazioni presso le beghine della sacrestia forcaiola indignate perché a un “boss” è stata data la possibilità di esprimersi. Non sia mai che gli appestati escano dal lebbrosario nel quale sono stati cacciati. E’ allora che i sacerdoti del conformismo morale aprono le cateratte del loro sdegno e con aria spiritata pronunciano le loro fatwe contro chi tenta la fuga dall’emarginazione. Avverso il mio romanzo è in corso la crociata dei soliti campioni delle verità omologate che strillano i loro refrain demenziali ricalcando le orme dei censori di sempre che dalle barricate dell’intolleranza hanno tuonato contro il diritto di scrivere e di pensare. Il bello è che questi trafelati paladini della legalità e del bavaglio non hanno letto il libro né avvertono l’incongruenza di una simile omissione, convinti come sono che non ci si debba contaminare con l’opera di un mafioso e che tutto quello che egli esprime debba finire al rogo. Ma tant’è, è così che la lotta alla mafia diventa l’occasione per gli sciacalli di issare la bandiera dell’intransigenza morale e fare della bassa macelleria banchettando con le altrui vite pur di guadagnare carriere immeritate. Non ci sono strumenti legali per impedire che il romanzo di un “mafioso” venga pubblicato ma i custodi della purezza antimafiosa non demordono e avvelenano l’acqua in rete mandando allarmati messaggi con cui tentano di fare il vuoto attorno all’autore e all’editore e mettere il libro all’indice. Purtroppo per loro il libro ormai c’è, appartiene ai lettori e solo a loro spetta il giudizio non sulla dignità o indegnità dell’autore ma sul valore della sua fatica.

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