Rispondo a un mio lettore il quale mi
chiede che cosa intendo per mafia dell’antimafia e che cosa per
mafia volgarmente intesa. Non ho la pretesa di dare la risposta
giusta ad un quesito così impegnativo ma ci provo.
Quella che viene definita con una
formulazione suggestiva “mafia dell’antimafia” è, a mio
avviso, un bubbone scoppiato sulla pelle infracidita della mafia
tradizionale. Una rivolta ideale nata dalla presa di coscienza di una
opinione pubblica spaventata e indignata, ha arruolato lungo il suo
cammino maneggioni e faccendieri che hanno fiutato l’affare e si
sono dati appuntamento attorno alle spoglie di una mafia ormai al
tracollo, sconfitta, oltre che dallo Stato, dalla sua stessa crudeltà
spinta fino alla stupidità. Appollaiati sul trespolo di una pretesa
superiorità morale, gli sciacalli si sono impegnati in una gara a
chi rivendicava più quarti di antimafiosità, alcuni per pruriti
meramente moralistici, altri per interessi di bottega, altri ancora
per carrierismo, tutti inseguendo una patente di verginità che può
sempre servire. E’ così che si spiega il proliferare degli
impostori che si sono appaltati l’esclusiva della memoria degli
autentici eroi antimafia, delle associazioni che molto più
prosaicamente si sono impossessate dei beni sequestrati vantando, in
alcuni casi, improbabili meriti antimafiosi, di sequestri molto
spesso operati a cuor leggero e gestiti a cuore ancora più leggero
sperperando il valore dei bei sequestrati e promuovendo un giro
d’affari miliardario a favore dei pochi appartenenti al cerchio
magico che fanno affari d’oro incamerando per un piatto di
lenticchie i beni messi all’asta grazie all'opera meritoria di
taluni amministratori giudiziari che hanno il loro tratto identitario
nell'abbondanza degli incarichi e nella vocazione a far fallire
aziende sane intascando laute parcelle. Il risvolto drammatico di
questo gioco al massacro è il disastro sociale che condanna i
dipendenti alla disoccupazione e, nel caso di aziende sequestrate a
personaggi usciti indenni dalle accuse di mafiosità, l’aberrante
ingiustizia della “pena sine culpa” che distrugge vite e
patrimoni onesti. Quello che impressiona è l’impudenza degli
organi costituzionali che hanno rigettato per “manifesta
infondatezza” i rilievi di incostituzionalità promossi da alcuni
avvocati contro lo sfregio portato al diritto da leggi dello Stato
che non si curano di un principio fondamentale quale la presunzione
di innocenza e sanciscono l’illiceità dei beni sequestrati fino a
prova contraria a carico dell’imputato (l’imputato deve cioè
dimostrare che i beni oggetto di sequestro sono di origine lecita),
spianando una prateria all’arbitrio. A questo si aggiunga
l’ambizione di certi magistrati che, pur di fare carriera, gonfiano
inchieste che andrebbero archiviate od orientano i processi in
direzione delle loro teorie producendo mostruosità come il caso
Tortora ed altre che non vengono alla ribalta perché le vittime non
hanno la notorietà di Tortora. Tutto è avvenuto con la complicità
di una parte del nostro giornalismo che, fatta salva qualche
coraggiosa eccezione, si è genuflesso ai piedi delle verità di
comodo rinunciando al suo compito di denuncia e preferendo
rappresentare una realtà suggestiva ancorché palesemente
manipolata, utile a far cassa. Ecco che cosa intendo per mafia
dell’antimafia. Grazie a questa deriva mercantilistica nella quale
è scaduta l’ideale battaglia delle origini, una buona fetta
dell’economia, specie quella siciliana, è andata in malora e il
diritto è andato a farsi benedire. Naturalmente esiste anche
un’antimafia onesta seppure ormai in minoranza, mentre è una
contraddizione in termini parlare di onestà a proposito della mafia
tradizionalmente intesa. Chi mitizza la mafia considerandola una
sorta di ammortizzatore che svolge una meritoria funzione sociale,
delira. Certo in tempi in cui lo Stato era completamente assente e la
giustizia era, per dirla con Trasimaco, l’interesse dei più forti,
il mito del mammasantissima giusto che riparava i torti e difendeva
i deboli, ha potuto prendere piede. E anche oggi, con le istituzioni
che producono l’antimafia che ho descritto, certe insane tentazioni
sono forti. Ma deve essere ben chiaro che il mammasantissima giusto è
una figura immaginifica che non ha riscontro nella realtà, che è
allo Stato e non al mammasantissima che il cittadino ha delegato il
compito di proteggerlo, che le battaglie per correggere le deviazioni
dello Stato vanno combattute entro argini che non si possono
valicare.
Purtroppo non è il caso di illudersi
che le cose cambino, perché mafia e antimafia deviata sono il
prodotto di un popolo irredimibile che anche nelle sue componenti più
sane coltiva il disprezzo per l’altro e ignora le virtù civiche .
Arrotiamo i nostri simili sulle strisce pedonali e ci incazziamo se
quei disgraziati osano protestare, passiamo col rosso, trasformiamo
gli angoli delle città in immondezzai, parcheggiamo in doppia fila e
irridiamo il povero cristo intrappolato dentro la sua macchina, siamo
campioni mondiali di evasione fiscale (anche se in alcuni casi è
difficile non evadere), denunciamo i privilegi altrui nel momento
stesso in cui perpetriamo i nostri, e mi fermo qui lasciando
all’immaginazione di ciascuno l’elenco delle nostre nefandezze.
Non voglio essere pessimista, ma l’unica è fuggire lontano.