Il Papa e l’ergastolo
Il Papa ha chiesto a
un gruppo di giuristi di riflettere sul senso della giustizia penale e del recupero,
sul “plus di dolore” in quei “moderni campi di concentramento” che sono le carceri in Italia, sulle “incitazioni
alla vendetta” e sui rischi della deriva
giustizialista che nasce dal “populismo penale”. Ma il punto più alto del suo appello è la
richiesta di abolizione dell’ergastolo che ha definito “una pena di morte nascosta”. Non poteva usare espressione più
pertinente. Chapeau a questo Papa
pirotecnico che rimanda da una sensazione all’altra, dallo sconforto alla
consolazione, da una scelta severa e priva di pietà quale è la scomunica dei
mafiosi, ad un gesto squisitamente evangelico quale è la condanna dell’ergastolo.
Con lui non c’è il rischio di annoiarsi,
non sempre convince, ma stavolta convince e come! Se si può coltivare la
speranza che si cominci a parlare
seriamente di un problema che non fa onore alla nostra coscienza e alla nostra
cultura giuridica, lo si deve alla sua presa di posizione forte e autorevole. Finora neppure i tanti suicidi che
cadenzano sinistramente la vita in carcere a testimonianza di una disperazione che giunge a scegliere
l’autentica, definitiva morte rispetto ad una morte “nascosta”, crudelmente
centellinata giorno dopo giorno (cinque casi in sette giorni di quest’ultima
settimana), sono riusciti ad impressionare la pellicola di indifferenza che
avvolge come una corazza la coscienza del bravo cittadino. Egli si scuote dalla
sua apatia solo quando deve dare la
stura ad un livore che liquida il problema delle carceri con una intransigenza
priva di alternative. Basta leggere i
commenti in rete per rendersi conto di che cosa stiamo parlando. Ne so qualcosa
io che ho dovuto subire, allorché ho affrontato tematiche relative al carcere e
al 41 bis in particolare, una valanga di insulti i quali, oltre a offendere il
senso estetico con la loro volgarità, offendono l’umanità e la sua intelligenza
perché espressione della peggiore cattiveria, quella dell’imbecille ( mi
sovviene Dostovskij) che ha solo voglia di far male, e della supponenza dei
censori che salgono in cattedra all’insegna di principi morali di cui non possono dar prova perché vilmente
al riparo di comodi nickname. Vedremo cosa succede adesso
con l’appello del Papa, ma già qualcosa insospettisce. Nel commento del Corriere
a margine dell’articolo che riporta la notizia dell’appello, si legge: “Nella
prassi la pena massima non supera i 30 anni. Anche l’ergastolano può ottenere
il regime di semilibertà dopo l’espiazione di 20 anni e può usufruire della
detrazione della pena per buona condotta.”
E’ omessa, non so se in buona o in mala fede, la notizia che questi
benefici non valgono per l’ergastolo ostativo comminato ai mafiosi, i mafiosi
sono destinati al fine pena mai senza usufruire di alcun beneficio. Il Papa, quello stesso Papa che ha scomunicato
i mafiosi, quando chiede l’abolizione dell’ergastolo, intende chiederla anche
per loro?