Papa Francesco
Il Papa ha implorato i mafiosi di pentirsi, glielo ha
chiesto addirittura in ginocchio. L’appello ha in sé la speranza che il cuore
di questi uomini sia punto dal rimorso, come se fosse lecito nutrire speranza
nei confronti di chi è capace di uccidere bambini. Per dirla con Sciascia, non
si può essere cristiani fino al punto da considerare uomini gente simile.
Persino con un mondo senza speranza come quello mafioso, da sempre fermo ai
tempi dell’uomo in natura, che ha
abdicato fin dalle origini ai valori del convivere civile, riesce difficile
coniugare tanta efferatezza. Una certa mitologia ci aveva proposto una mafia
ammantata di paternalismo bonario che risolveva i problemi là dove l’assenza
dello Stato determinava ingiustizia ed assolveva ad un compito di cui la gente
avvertiva il bisogno. Mi è capitato di sentire parlare con nostalgia della
mafia di un tempo, quella che riparava i torti, e pazienza se il costo era
qualche ammazzatina. E’ chiaramente una mitizzazione che non può essere condivisa
ma che serve a spiegare alcune letture fatte senza andare tanto per il sottile.
Certo gli antichi custodi dei disvalori mafiosi non potevano immaginare che si
sarebbe arrivati a tanto, essi disconoscevano il valore della legge,
confidavano su discutibili vincoli morali, e quando questi vincoli si
rivelarono in tutta la loro fragilità e non resistettero alla piena di più
concreti interessi, in assenza della legge non disposero degli strumenti per
arginare questa deriva. Niente vincoli morali, niente leggi, neanche quelle del
taglione. Come si può pretendere di predicare a gente che non ha più una sua
identità, sia pure quella infame delle origini che almeno aveva un suo valore
deterrente?
Detto questo, dobbiamo però anche dire che non è solo il
mondo mafioso che ha perduto la bussola. Dobbiamo prendere atto che viviamo in
un mondo di violenza in cui sono saltati tutti gli schemi.
Basta gettare lo sguardo sul panorama che ci circonda per
mettersi le mani ai capelli: una democrazia incompiuta che produce ingiustizia
sociale, l’assalto alla diligenza delle lobbies che si spartiscono le spoglie
della nostra bella Italia lasciando a bocca asciutta una larga fetta di società
che non ha fatto in tempo a entrare in qualche camarilla, il fisco predatorio,
la burocrazia che gestisce il potere di condizionare all’ombra dei palazzi che
contano, la giustizia amministrata in un fortilizio inaccessibile dove viene
esercitato un potere terribile che, in nome di un malinteso diritto di
indipendenza, talvolta si traduce in un arbitrio decisionale irresponsabile di
cui nessuno mai paga pegno, la sofferenza degli ultimi disseminati per i
marciapiedi delle nostre città e nelle celle delle nostre carceri tra
l’indifferenza di chi finge di guardare altrove, il dolore e la frustrazione di
chi non trova un lavoro. Non è tutto questo una violenza pari a quella mafiosa?
Se si, ci aspettiamo che il Papa non si fermi entro i
confini della violenza mafiosa la quale, proprio perché così brutale e stupida
e arrogantemente appariscente, si offre come facile bersaglio aggiudicandosi
l’esclusiva dell’indignazione. E’ così che la mafia diventa il male assoluto,
l’unica realtà fenomenica percepita mentre rimane inabissata una realtà che non
viene percepita con lo stesso impatto traumatico ma che è altrettanto
devastante, la realtà intima delle cose che sta sotto le apparenze, il cuore
nascosto di intrecci sciagurati in cui si consumano ingiustizie, la
sopraffazione dell’interesse dei più forti, senza che l’opinione pubblica se ne
indigni più di tanto impegnata com’è a consumare le sue scorte di rabbia
unicamente contro la mafia.
E allora il Papa superi il confine tra le due realtà e gridi
con voce forte la sua indignazione contro i farisei, i sepolcri imbiancati che
si ammantano di perbenismo mentre banchettano con la nostra sofferenza, i
portatori di morte che con la loro paludata avidità uccidono né più e né meno
dei mafiosi, si cali nelle contraddizioni crudeli della nostra società, denunci
l’ipocrisia di una lotta solo contro la mafia da parte di chi vuol dirottare
l’attenzione da una realtà ancora più crudele della mafia, ancora più insidiosa
perché nascosta, si batta contro la sofferenza di quelli che hanno sbagliato e
sono le prime vittime dello stesso male di cui sono autori, stupidi al punto da
infliggere sofferenza a se stessi e continuare a ripetere la loro stupidità,
costretti a marcire in condizioni che non hanno niente di umano.
I carnefici sono tra noi e l’unica speranza che ci resta è
un uomo di Stato straniero di bianco vestito che sappia cacciare i mercanti dal
tempio.