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sabato 5 giugno 2010

Controcanto

Vittorio Messori in una lettera al direttore apparsa sul Corriere della Sera di giovedì 3 giugno, elenca una serie di motivi per i quali , in concomitanza con i festeggiamenti per l’unità d’Italia, sente di dovere dire “Grazie Italia”. I motivi sono sacrosanti e condivisibili ma si prestano al controcanto di una elencazione di motivi altrettanto sacrosanti e condivisibili per dire “No grazie Italia”. Beato lui, Messori dice di essere stato fortunato anche se non privilegiato e, oltre a ringraziare l’Italia, ringrazia la Provvidenza che gli ha concesso salute e occasioni.
E chi invece non è stato né privilegiato né fortunato?
Da noi in Sicilia si dice che la fortuna è “facciola” e la Provvidenza, nel caso dei meno fortunati, deve fare i conti con variabili spietate che non concedono sconti. Certo, nella sua infinita generosità, questa cornucopia senza fondo ha regalato, per esempio, a me, in una tra le più drammatiche stagioni della mia vita, doni che altrimenti non avrei conosciuto in aggiunta a quelli che mi sono stati sottratti. Ma debbo ringraziare appunto la Provvidenza non l’Italia.
All’Italia semmai chiedo conto del :
_ perché i 400 mila immigrati a Torino di cui parla Messori hanno dovuto trovare il benessere in contrade così lontane;
_ perché lo stesso giornale che ospita Messori e gli fa dire “ciò che vuole dire”, può tranquillamente ignorare una mia lettera di protesta per l’articolo diffamatorio di un suo cronista;
_ perché se voglio andare da Palermo in un posto qualsiasi della Sicilia orientale le strutture ferroviarie e stradali mi costringono ad ore e ore di interminabili tragitti e tortuosi itinerari;
_ perché, al contrario della famiglia Messori che “da una camera in subaffitto è giunta a una dignitosa casa di proprietà”, io la casa di proprietà donatami da mia madre, ho rischiato di perderla e l’ho avuta sotto sequestro per un anno con l’accusa di provenienza illecita prima che se ne riconoscesse la liceità;
_ perché sono sotto processo per mafia da 12 anni, ancora al vaglio del giudice d’appello, e, a causa di questa lunga esposizione giudiziaria, la mia vita e il mio nome sono stati preda di una opinione pubblica avida che ha potuto sostituirsi ai magistrati e mi ha condannato, anzi, giustiziato senza riguardo per la mia presunzione d’innocenza;
_ perché a questa esecuzione sommaria si sono aggiunti 6 anni di carcere preventivo scontati in anticipo rispetto ad una sentenza definitiva che tarda ad arrivare e che potrebbe anche essere di assoluzione;
_ perché si è consentito che la stampa, senza certezza di nulla e senza curarsi delle dovute verifiche, scegliendo di considerarmi mafioso, cosa legittima, offrisse ai lettori, cosa meno legittima, questa sua presunzione di colpevolezza come verità, avvelenando gli animi, dicendo alla gente ciò che la gente voleva sentirsi dire e creando un’icona mafiosa alla quale ha dato il mio nome. Forse perché, per dirla con Ostellino, “più sangue scorre, più copie si vendono? ;
_ perché dopo 50 anni di lavoro lecito su cui neanche il Pubblico Ministero più agguerrito ha potuto gettare l’ombra di un sospetto, mi ritrovo a tirare la cinghia con una pensione di 480 euro, dopo che 12 anni di spese legali mi hanno ridotto sul lastrico;
_ perché non posso più permettermi il lusso del pudore e presto sarò costretto ad arruolarmi nell’esercito dei rovistatori nei bidoni dell’immondizia alla ricerca di qualcosa da recuperare;
_ perché da detenuto ho dovuto condividere con altri 2 infelici una cella di 10 mq. e assistere alla morte di alcuni compagni suicidi o alla deportazione di altri verso l’inferno del 41 bis a proposito del quale il presidente della Corte Europea dei diritti dell’uomo Jean Paul Casta ha detto: “La detenzione in isolamento di condannati per reati gravi come l’associazione mafiosa, causa pesanti rischi per la salute psichica del carcerato”.
Posso ringraziare quest’Italia? Non credo.
Posso solo ringraziare la Provvvidenza la quale, tra i doni che mi ha regalato, mi ha regalato quello più prezioso, date le circostanze, la forza d’animo grazie alla quale ho respinto tentazioni insane. Ma l’Italia no, quest’Italia non riesco a ringraziarla e, se debbo scegliere da quale bicchiere bere, scelgo quello mezzo vuoto.

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