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mercoledì 10 febbraio 2010

Dei pentiti di mafia e della loro licenza di mistificare

Ho riletto dopo anni “Il marxismo tra democrazia e totalitarismo” di Virgilio Fagone e l’introduzione ad esso curata da R. Carmagnani e P. Rizzuto che così conclude: <> E’ l’analisi di una ideologia sconfitta dalla storia ma che ci ha lasciato l’eredità di una figura dura a morire, quella dell’intellettuale organico che pretende di farsi portatore esclusivo di valori universali, di essere guida morale e civile, di ritenere che, in nome di questa pretesa, tutto sia consentito. Soprattutto che sia consentito tenere in vita la contraddizione tra le dichiarazioni di principio a sostegno dell’uomo liberale al quale si riconosce centralità e la prassi, oserei dire marxista, che lo mortifica.
Una sorta di ricatto morale serpeggia tra quanti attendono alla vita pubblica e sono responsabili della nostra vita privata, una sorta di assoggettamento al politicamente corretto che azzera la capaci-
tà di pensare. Queste riflessioni mi sono state suggerite dalla lettura delle reazioni alla notizia di un
DDL che il parlamentare PDL sen. Valentino sta proponendo sui pentiti di mafia. Pare che il sen. Valentino voglia fare approvare una norma secondo la quale le dichiarazioni dei pentiti, per essere
valide, debbono essere supportate da specifici riscontri esterni.
Si è scatenata una massiccia levata di scudi e lo stesso ministro di Grazia e Giustizia si è precipitato
a dirsi contrario e a tranquillizzare il Capo dello Stato che il tentativo di Valentino non arriverà in
aula. Ma perché tanto allarme?
Secondo la normativa attuale un pentito può dichiarare che tizio è mafioso e la sua dichiarazione sa-
rà valutata unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità. Questo signifi-ca che la dichiarazione di un pentito non è valutata nella sua intrinsecità ma in quanto supportata
dalla dichiarazione di altro pentito che costituisce l’elemento di prova di cui parla la norma. E’ la cosiddetta convergenza del molteplice. Non importa che ciascuna dichiarazione da sola non abbia valore di prova perché non supportata da specifici riscontri esterni, è sufficiente che essa converga con altra dichiarazione magari anche questa priva di riscontri, perché guadagni la patente di attendibilità e dignità di prova.
Appare chiaro che stiamo parlando di una prova autoreferenziale e priva di valore ed è dunque legittima la proposta del sen.Valentino tesa a modificarla. Eppure essa è sta demonizzata e fatta oggetto di scandalizzate reazioni. Le solite anime belle si sono strappate le vesti parlando di regalo alla mafia e lamentando che, se venisse approvata la norma proposta, si azzererebbero di fatto i processi di mafia. Ma questi sacerdoti della giustizia dov’erano quando venivano emesse sentenze basate su prove inesistenti? E perché una norma ingiusta non dovrebbe essere modificata per la preoccupazione che essa azzeri i processi quando invece proprio perché poggiano su una norma ingiusta i processi, sia pure di mafia, è sacrosanto che siano azzerati?
Forse perché parliamo di mafia e tutto è consentito in nome della lotta alla mafia e ai mafiosi per i quali i principi liberali non valgono e sui quali si può, senza pagare pegno, imperversare facendo di uomini privi di diritti strumento di propaganda, schiavi di postulati etici, carne da macello da dare in pasto alla “pruderie” di moralizzatori da strapazzo che sognano rivoluzioni abortite e hanno l’odio nei cuori?

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