L’Europa non si smentisce ed anche in occasione del
bombardamento delle postazioni di Assad
da parte di Trump, ha dimostrato di che pasta è fatta producendosi, ad
opera dei suoi più alti rappresentanti, nel solito, frustro refrain pacifista
che ricalca il terzomondismo all’insegna del quale ha da sempre declinato la
sua politica in Medio Oriente. I nostri
aspiranti statisti rimasti nel limbo dell’incompiutezza, blaterano di pace ad ogni costo, anche a costo di mettere a
repentaglio la nostra sopravvivenza, condannando l’uso della forza e ostinandosi
a promuovere un dialogo laddove latita
la ragionevolezza. Ha ragione Papa Francesco quando dice che è in corso la terza
guerra mondiale in vari scacchieri del mondo, e comprendiamo la sua invocazione
a sospendere le ostilità, ma la guerra non si può sospendere volgendo le terga quando
è invece necessario combattere perché combattere significa creare le condizioni
per conseguire la pace. Come ci insegna Roma, “si vis pacem para bellum”.
Abbiamo visto cosa è successo in Siria grazie ai colpevoli tentennamenti di
Obama. La ferocia di un despota che, contravvenendo alle sue stesse
dichiarazioni con cui aveva solennemente affermato che non avrebbe mai fatto
uso di armi chimiche e che invece quelle armi le ha usate contro bambini,
merita forse un approccio diplomatico o non piuttosto l’uso della forza non solo
come atto giustamente punitivo ma anche come deterrente affinché simili
barbarie non si ripetano pena la rappresaglia? Esistono al mondo bestie che
hanno dimenticato la loro natura umana, esseri che sono usciti dal consorzio civile e che conoscono solo la
logica della violenza equivocando sull’uso dei mezzi pacifici che considerano
segni di debolezza. Nei confronti di costoro un Trump è il benvenuto. Ci sono
poche cose che si possono condividere con il presidente degli USA, ma su quel
bombardamento non si può non essere d’accordo, e anche i suoi avversari più critici ne hanno riconosciuto la giustezza.
In USA, quando è in ballo la difesa di principi universali, anche il conflitto politico più aspro depone
le armi del dissenso e si intesta la lotta a favore di interessi superiori
anziché degli interessi di bottega, a differenza che in Europa dove uomini privi
di coscienza morale e di una comune visione ideale che non sia la vocazione mercantile, appesantiti da
incrostazioni ideologiche dure a morire che guardano ad improbabili scenari
irenici, si schierano a seconda delle convenienze di parte senza riuscire a
prodursi in uno scatto di reni che salvi quel poco che è rimasto della nostra
storia. Siamo destinati a diventare sempre più il ventre molle del mondo, alla
mercé di voraci spiriti animali che si accingono ad invadere le nostre pingui e
inermi contrade.
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venerdì 14 aprile 2017
sabato 1 aprile 2017
I Cinque Stelle e la superiorità morale
Lo tsunami grillino che si appresta a investire l’Italia è
al centro di dibattiti che tentano di spiegarne lo spirito e prefigurare le
conseguenze che ne deriveranno. Indubbiamente lo spirito è quello giusto, esso riflette
la rabbia dei tanti che si sono sentiti traditi dalla vecchia politica e
vogliono imprimere un nuovo corso ad una politica diversa all’insegna
dell’onestà. Ecco, appunto, l’onestà. E’ il mantra che accompagna le
esternazioni dei penta stellati che, in nome di essa, si inerpicano per
sentieri non sempre praticabili. Qualcuno ha detto che la politica è “sangue e
merda”, terreno di scontro spietato in cui spesso l’onestà perde la bussola e
precipita in una specie di eterogenesi dei fini, predicando le migliori
intenzioni e ottenendo i peggiori risultati. Ma essa è pur sempre il luogo dove
può avvenire che la democrazia con la sua onestà imperfetta realizzi il miglior
risultato possibile contro l’inconcludenza di quanti salgono in cattedra e
pontificano di etica fine a se stessa all’insegna di una iconografia del mito
duro e puro che prescinde dai risultati. Quando i grillini proclamano che non
accettano alleanze con nessuno in nome di una purezza che non si lascia
inquinare, cadono nel vizietto che contraddistingue una certa parte politica
che combattono e che si è intestata l’esclusiva della superiorità morale. Con
quali risultati, si è visto. Non credo che coloro i quali votano Cinque Stelle,
pur invocando l’onestà, chiedano
l’ordalia di una purezza vuota di contenuti. Alle prese col problema di come mettere
insieme il pranzo con la cena, essi pretendono risposte che li aiutino a
scacciare lo spettro di una povertà sempre più incombente. Giocare a fare i
moralisti rinunciando a scendere sul terreno dei compromessi leciti e delle legittime
mediazioni della politica in nome di una intransigenza ideologica e morale che
considera scellerato anche il patto più onesto, vellicare i peggiori istinti
della pancia e manipolare coscienze fragili senza proporre alcun programma o
proponendo programmi improbabili ad uso di un popolo di creduloni, tuonare
agitando progetti ambiziosi senza indicare le risorse per realizzarli, significa
fare della demagogia offrendo suggestioni anziché progetti realizzabili, significa
tradire le attese della gente. Stiamo vivendo tempi drammatici in cui non ci
possiamo permettere il lusso di apprendisti stregoni che, oltretutto,
farneticano di democrazia diretta. La pretesa dei grillini di eliminare i
partiti considerati luogo di corruzione anziché luogo di dibattito e sintesi, e
di abolire la democrazia rappresentativa a favore di una utopica democrazia
diretta, obbedisce al disegno (con quali conseguenze è facile immaginare) di un
uomo solo al comando il quale, lo vediamo già adesso, decide quali sono le
regole della democrazia confondendole con le regole del suo inappellabile
arbitrio e dispensa ai suoi seguaci il verbo della beata ignoranza, del credo
di ciascuno (uno vale uno) contro il merito e persino contro le conquiste della
scienza, sulla scia di un certo Rousseau teorico del buon selvaggio immune
dalla corruzione della conoscenza e di un collettivismo in cui la volontà
generale si traduce nella volontà di pochi. La storia del Novecento è lì ad
ammonirci sui guasti che ne sono derivati.
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