Gli insurrezionalisti da barzelletta
Non dico che i veneti intercettati mentre sproloquiavano di
insurrezione e di azioni violente servendosi di un carro armato fai- da- te,
non meritassero di finire in carcere. Se non altro per conclamata
coglionaggine. Ma prenderli sul serio e gridare al rischio di un autentico
pericolo obbedisce al solito costume italiano di non avvertire il senso del
ridicolo pur di diffondere un allarme non fondato e demonizzare un malessere
che, quello si, merita ben altra considerazione. Non è proprio il caso di confondere
capre e cavoli e dare ad una folcloristica dimostrazione di vuoto mentale la stessa
dignità dell’indignazione sacrosanta che anima l’operosa e saggia gente del
Veneto. Siamo su piani completamente diversi che hanno bisogno di valutazioni
completamente diverse. Se la demenza dei cosiddetti insorti andrebbe affidata
alle cure di una troupe di psichiatri, il malessere del Veneto va inquadrato in
un patologia più seria la quale ha a che fare con un dramma autentico che non
riguarda solo il Veneto ma tutta l’Italia e che non può essere liquidato come
la bandiera di una manifestazione becera e velleitaria.
Quando parliamo di imprenditori del nord-est che si
suicidano perché non ce la fanno più a sopportare la loro impotenza, la loro
inutilità agli occhi dei dipendenti, la vergogna del loro fallimento, la
perdita della scommessa con se stessi a conclusione della battaglia
orgogliosamente combattuta con le sfide del mercato, per cause non imputabili a
loro, quando dobbiamo fare i conti con la piaga della disoccupazione dei nostri
giovani che in misura crescente non lavorano e non sempre hanno il coraggio di
trovare altrove nuove opportunità ma si accartocciano su se stessi avvolti
dalla miseria morale della loro dipendenza dalla famiglia, quando siamo
costretti a prendere atto che una buona fetta della nostra borghesia, proveniente
da una vita di lavoro e dallo status di una condizione dignitosa, scivola
sempre più sotto la soglia della povertà, stiamo parlando di un problema serio.
Bisognerebbe allora avere maggiore rispetto per questo malessere strisciante e
ormai fuori controllo non irridendolo con confusioni strumentali, preoccuparsi di
porvi rimedio e temere che anche un popolo paziente come il nostro può perdere
veramente la trebisonda e insorgere molto più seriamente di quanto non hanno
fatto questi sciagurati. Anche se sono convinto che la nostra pazienza è
infinita e, così come non siamo capaci di porre rimedio ai nostri problemi, non
siamo neanche capaci di insorgere.
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