I cristiani vengono
perseguitati tra l’indifferenza generale. I motivi di questa indifferenza sono
difficili da spiegare ma si può ipotizzare che essi risiedano in un relativismo
crescente che ormai ci rende estranei a imperativi morali, e in una mancanza
del senso di appartenenza che affligge noi europei in particolare. Basti
pensare che l’Europa ha deciso di vietare l’esposizione del crocifisso nei
luoghi pubblici ritenendolo discriminatorio nei confronti di altre confessioni.
Perché dovremmo indignarci per
le persecuzioni contro i cristiani e per l’abbattimento dei simboli del
cristianesimo, se noi stessi rinneghiamo le nostre radici abolendo i simboli
della nostra identità?
E quando la Chiesa cattolica,
tanto prudente nei confronti dei persecutori dei cristiani quanto severa nei
confronti delle sue pecorelle smarrite, si abbandona a facili scomuniche, non
denuncia forse i limiti di quella stessa intolleranza che è la cifra di certo
islamismo?
Ci siamo forgiati all’abbrutimento
sui campi di battaglia nel Novecento europeo dove abbiamo banchettato con la
crudeltà fino all’assuefazione e al concepimento dell’indifferenza con cui oggi
accettiamo passivi la legge del contrappasso del radicalismo islamico e l’aggressione
alla nostra civiltà.
E abbiamo paura.
Ernesto Galli della Loggia in
un editoriale apparso sul Corriere della Sera di lunedì 28 luglio, parla di
paura della morte che rende imbelle l’occidente incapace ormai di pensare la
guerra come “guerra vera, quella in cui si muore”.
Siamo privi di fede e quindi
incapaci di esorcizzare l’idea della morte e, dopo un così lungo periodo di
pace, siamo vivi perché non abbiamo più dimestichezza con le sfide mortali. Per
viltà assistiamo senza battere ciglio all’efferatezze che si consumano nelle
aree più calda del pianeta, in Iraq, in Siria e, perché no, anche in Europa, in
Italia per esempio, dove si combatte una guerra senza regole tra una
criminalità organizzata che si abbandona a episodi di guerriglia urbana e uno
Stato che risponde calpestando i diritti fondamentali dei suo cittadini.
La tiepidezza morale e la paura
ci fanno girare dall’altra parte mentre si consumano le persecuzioni contro i
cristiani e i più deboli. Incapaci di slanci ideali e di battaglie degne,
squallidi mercanti di un benessere materiale sempre più precario, prigionieri
delle nostre colpe per avere alimentato con l’industria bellica i focolai di
guerra, ripieghiamo su posizioni di retrovia che si lasciano travolgere dalla
forza d’urto di spiriti animali assetati di vita ai quali rispondiamo
balbettando un malinteso senso di solidarietà privo di ammortizzatore e il
terzomondismo accomodante dei soliti intellettuali in malafede.
E quando vogliamo battere i
pugni produciamo scelte sciagurate come in Libia e in Iraq dove abbiamo preteso
di imporre la democrazia con la forza e abbiamo invece esportato il caos. O in
Afghanistan dove gli Stati Uniti si sono accodati alle disfatte inglesi e
sovietiche.
Appollaiati sul trespolo della
nostra insipienza, assistiamo impotenti
Alle convulsioni dello Spirito del mondo
impazzito.