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giovedì 20 gennaio 2011

Morale e giustizia

A chi ha perduto l’amore per la politica grazie ai nani che in Italia l’hanno mortificata, riesce indigesto avventurarsi nel pattume che vede fronteggiarsi i politicanti nostrani, specie se c’è da difendere Berlusconi che, lo riconosciamo, non è facilmente difendibile.
Ma difendere Berlusconi, con riferimento ai recenti avvenimenti del rubygate, non significa abbandonarsi ad un esercizio di cieca partigianeria bensì difendere quei valori liberali ai quali, seppure da lui disattesi, anche il Presidente del Consiglio ha diritto e che gli sono stati negati al grido di: “Dagli all’untore”. E non solo Berlusconi va difeso ma tutto il corollario di personaggi che ruotano attorno a lui e che sono stati travolti dalla caccia grossa scatenata dalle parti di Arcore.
Incominciamo col dire che la Magistratura ha il compito di perseguire il reato non il peccato, che i comportamenti nel privato, quando non sconfinano nella violazione della legge, possono essere censurati, non perseguiti e dunque riesce difficile giustificare la propensione di certi magistrati ad affastellare pubblico e privato, peccato e reato, senza alcun riguardo per la vita privata di chi incappa in questa specie di safari.
Quando Ostellino lamenta che delle ragazze, per il solo fatto che utilizzano il loro corpo a loro piacimento senza macchiarsi di alcun reato, vengono definite prostitute e consegnate all’opinione pubblica nelle vesti di donne di facili costumi, la loro vita privata monitorata per mesi e infine invasa da perquisizioni, giustamente punta il dito contro una violazione della dignità di queste persone. E lo stesso Berlusconi che, come tutti i cittadini, deve sottostare alla legge e accettare di essere inquisito quando il magistrato ha notizia di un reato che lo riguarda, merita di essere difeso quando la Magistratura dispone una massiccia rete di monitoraggio a strascico estesa a personaggi che alla fine risulteranno estranei a fatti illeciti, nella speranza di imbattersi in reati e, quando ritiene di averli individuati, sbatte il mostro in prima pagina.
E’ ancora fresco il ricordo dello sputtanamento internazionale dell’Italia in seguito all’avviso di garanzia notificato a Berlusconi nel 1994, mentre questi era impegnato nei lavori del G7, per una ipotesi di reato conclusasi successivamente con un nulla di fatto. Il Presidente del Consiglio ha il dovere, connesso alla sua carica, di non scindere il pubblico dal privato e di agire con maggiore cautela rispetto al cittadino comune, e non c’è dubbio che la sua vita privata si presta a qualche censura, ma anche la Magistratura ha l’obbligo della cautela, non maggiore ma uguale a quella nei confronti di un qualsiasi cittadino, nei confronti del Presidente del Consiglio.
La giustizia non guarda in faccia a nessuno ma la sua severità non va aggravata da una gestione rancorosa di essa, perché c’è in ballo la vita della gente e, nel caso del presidente del Consiglio, oltre alla sua vita c’è in ballo la credibilità delle Istituzioni che già traballa per i comportamenti del premier e non ha certo bisogno di altre turbolenze.
Lo Stato etico appartiene ai fantasmi del passato e la Magistratura ha il compito di applicare la legge, non di mettere al rogo i peccatori

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