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venerdì 18 gennaio 2019

Cesare Battisti


Cesare Battista è sicuramente un personaggio negativo e non c’è nessuno che, per quanti sforzi faccia, possa ricavarne un profilo che meriti pietà. Uccidere a sangue freddo e in maniera vile degli innocenti nel nome di una ideologia che era solo una bandiera agitata allo scopo di spacciare per vocazione rivoluzionaria una miserabile vocazione al crimine puro, la dice tutta sulla caratura di questo delinquente. Cinico e calcolatore, è riuscito a darla a bere ai soliti “intellettò” salottieri inclini alle infatuazioni perverse, tra cui primeggia il solito Bernard- Henri  Lévy, che tanti danni hanno fatto e che, nella fattispecie, hanno fatto quadrato attorno al nostro giungendo fino all’improntitudine di riconoscergli una dignità letteraria. Sembra incredibile che mosche cocchiere assise sulla presunzione della loro infallibilità, siano potute cadere nel tranello del signor Battisti, ma tant’è, il dogmatismo ideologico che confonde il grano con il loglio fa brutti scherzi. C’eravamo illusi che la sorte avesse finalmente girato le spalle a questa primula in fuga sui due continenti. Salvato dai rigori della giustizia grazie ad una lunga latitanza protetta, nel momento in cui è stato arrestato ed è sembrato destinato ad una carcerazione ingloriosa, dimenticato come merita un comune malfattore, ecco che ci hanno pensato i nostri ministri dell’interno e della giustizia a dargli una mano producendosi in una performance degna dei migliori promoters e lanciando nel pantheon dei martiri questo galantuomo esibito come un trofeo di caccia ed esposto alla pubblica gogna in un clima che ci riporta agli scenari da suburra degli spettacoli circensi. Ci mancava solo che il signor Salvini e il signor Buonafede facessero pollice verso. In questo modo i nostri geni hanno ottenuto il bel risultato di consegnare un individuo simile ad una pietà che non merita. Se oggi il Web brulica di proteste sulla dignità calpestata del signor Battisti, lo dobbiamo ai nostri ineffabili ministri. Senza considerare poi la sconcezza in sé di due uomini delle istituzioni che fanno passerella competendo nella gara a chi è più visibile a spese di un uomo, sia esso il peggiore degli uomini. Spettacolo avvilente di un provincialismo culturale espressione di una società malata che non sa offrire niente di meglio.

giovedì 17 gennaio 2019

Comandano i terroni


Il titolo di Libero, “Comandano i terroni”,  con riferimento alle tre alte cariche dello Stato , Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio, Presidenza della Camera, occupate da tre meridionali, ha suscitato, come c’era da aspettarsi, reazioni indignate. Il titolo è certamente un insulto gratuito che offende non solo la forma ma anche la sostanza. Esso infatti non solo ci regala uno scampolo becero della penna al vetriolo del solito Feltri ma agita un problema che non esiste. Da che mondo è mondo, i posti di potere della politica in Italia sono stati sempre appannaggio dei proconsoli insediati a nord di Roma, e non c’è motivo di gridare al lupo solo perché  in questo momento tre meridionali siedono ai vertici delle istituzioni.  Forse che questa “colonizzazione” delle alte cariche dello Stato mette in pericolo la condizione di supremazia del nord che da sempre connota la scena politica italiana? Sembra quasi che nei nostri allarmati concittadini del nord, abituati a considerare il sud serbatoio di voti e i terroni subalterni agli interessi del nord, scatti una sorta di tic pavloviano che li fa insorgere preoccupati. Tranquilli signori del nord, non correte rischi, a dispetto delle tre alte cariche dello Stato, il potere, non solo quello economico, è saldamente in mano vostra e continuerete come sempre a comandare voi, altro che i terroni!  Detto questo però, c’è un però, ed è che, tanto per cambiare, noi meridionali non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione per piangere sulla nostra condizione, secondo un’antica tendenza al vittimismo, chiamando in causa altrui colpe anziché le nostre. E’ così che alcune penne indignate si sono prodotti in una sorta di chiamata alle armi lamentando la nostra condizione di subalternità al nord, rivendicando il nostro orgoglio e lanciando un invito a pretendere che la questione meridionale sia posta al centro dell’agenda politica del Paese come se questa fosse la panacea dei nostri mali! Ma dov’è l’originalità della proposta?  Da quando sono nato non sento parlare d’altro che di questione meridionale senza che ai buoni propositi e alle roboanti promesse siano seguiti i fatti, e ciò non per colpa d’altri ma per i nostri vizi, per l’inadeguatezza di noi meridionali. Di quale orgoglio parliamo infatti e dov’è l’orgoglio di un popolo che per buona parte non sa produrre, che non conosce l’etica della responsabilità, che ha fatto della propria inefficienza la cifra della propria identità e si è consegnato alla sua sorte di sottoprodotto sociale dedito alla questua e impegnato a ricorrere ad espedienti? E’ sempre stato così e non vedo perché dovremmo lamentarci degli sbracamenti di coloro che abbiamo incoraggiato a trattarci da paria. Certo non è il massimo sentirci dare del terrone, ma cosa possiamo aspettarci da gente che ha nel proprio DNA la rozzezza del sangue celtico e alla quale peraltro noi offriamo lo spunto per dare la stura al solito, logoro razzismo? E, a proposito di razzismo, sicuramente non è indice di una visione alta della politica ritenere di ridurre il sud ad una provincia residuale staccata dall’Europa. Con buona pace dei signori leghisti è una visione che non porta lontano. Così come non porta lontano illudersi, come ha fatto qualcuno, che l’orgoglio del sud sia ben rappresentato da epigoni del calibro di Orlando e De Magistris. Questi signori hanno già dato prova di sé e non è il caso di rimpiangerli.