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mercoledì 26 gennaio 2011

Il talebano

Stavolta mi è andata bene. Invece della carrettata di contumelie incassate in altre occasioni, registro, a proposito del mio post “ Cuffaro in carcere “, l’isolata invettiva di Giovanni, indignato e anonimo censore delle mie esternazioni. Gli anonimi, oltre a quello di essere vili, hanno il problema di essere acefali e di abusare della loro stupidità, tanto chi li scopre?
E siccome sono un maledetto sadico, approfitto della suscettibilità del nostro irascibile talebano per scandalizzarlo ancor di più con ulteriori considerazioni sulla condanna di Cuffaro.
Quando Cuffaro dice: “ Affronto la mia pena come è giusto che sia “ e fa seguire la sua affermazione presentandosi ai cancelli di Rebibbia, da un esempio di dignità e di rispetto nei confronti dell’Istituzione che ha emesso la sentenza. Con questo Stato abbiamo fatto un patto e il patto va rispettato e sennò manchiamo di rispetto nei confronti di noi stessi prima che dello Stato. Ma io al posto di Cuffaro avrei detto : “ Affronto la mia pena come è “ingiusto” che sia “, perché rispettare una sentenza non deve necessariamente significare che la si condivide, specie una sentenza come quella di cui discutiamo che nasce da un contrasto all’interno della stessa magistratura, ha visto lo stesso Procuratore Generale della Cassazione dichiarare l’inesistenza della prova di colpevolezza e può dunque legittimamente suscitare qualche dubbio.
La rassegnazione di Cuffaro sa tanto di sindrome di Stoccolma!
Ma , tornando a Giovanni, presumo che quando egli proclama di amare questo Paese, intende un Paese in cui il solito Di Pietro non sa cogliere l’occasione di stare zitto e si produce nel consueto scampolo di cinismo minimizzando il gesto di Cuffaro e riducendolo alla dimensione della doverosa accettazione della pena priva di qualsiasi nobiltà, in cui il signor Camilleri può tranquillamente affermare che chi vota Berlusconi è intellettualmente e moralmente inferiore, in cui i processi vengono istruiti in piazza, la presunzione di innocenza è negata, le sentenze della magistratura devono essere non solo accettate ma condivise, la pietà è bandita e non si ha mai alcun dubbio sulle proprie convinzioni formatesi sulle fondamenta della propria intolleranza.
Un Paese così fatto non può che regalarci personaggi come Giovanni.

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